Fonte: Pixabay
Secondo una recente ricerca pubblicata su Nature Geoscience dall’Università di Bristol, la Terra potrebbe diventare completamente inabitabile tra circa 250 milioni di anni. La principale causa di questo fenomeno sarebbe la fusione dei continenti in un’unica massa terrestre, fenomeno che innescherebbe un aumento estremo delle temperature globali e una drastica riduzione delle risorse vitali.
Gli studiosi hanno utilizzato modelli climatici avanzati per prevedere gli effetti della formazione di un supercontinente, che altererebbe la circolazione atmosferica e oceanica, generando condizioni climatiche estreme. Il professor Alexander Farnsworth, autore principale dello studio, ha spiegato che le temperature potrebbero superare i 50°C in vaste aree del pianeta, mentre la concentrazione di anidride carbonica salirebbe a livelli insostenibili per la maggior parte delle specie viventi. Questo scenario comporterebbe la scomparsa di habitat naturali, rendendo impossibile la sopravvivenza di esseri umani e animali.
Sebbene questa prospettiva riguardi un futuro molto lontano, gli esperti avvertono che il cambiamento climatico attuale rappresenta una minaccia ben più immediata. Il Doomsday Clock, l’orologio simbolico che misura la vicinanza dell’umanità a una crisi globale, è stato recentemente aggiornato a 89 secondi dalla mezzanotte, evidenziando l’urgenza della situazione. La dottoressa Eunice Lo, coautrice dello studio, ha sottolineato che gli effetti del riscaldamento globale sono già evidenti attraverso eventi climatici estremi sempre più frequenti, come ondate di calore, incendi e uragani.
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Per questo motivo la comunità scientifica ribadisce la necessità di intervenire tempestivamente riducendo le emissioni di gas serra e adottando misure sostenibili per mitigare i danni ambientali. In conclusione, anche se la Terra non diventerà inabitabile nel breve termine, i cambiamenti climatici in corso richiedono un’azione immediata per evitare che il pianeta diventi progressivamente meno ospitale già nelle prossime generazioni. La ricerca ci ricorda che il vero pericolo non è un futuro remoto, ma la crisi ecologica che stiamo vivendo oggi.
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