Avete mai sentito parlare della sindrome del bore out? Si tratta di un problema più diffuso di quanto si creda. Sono in molti, infatti, a sperimentare le sensazioni di demotivazione e apatia che caratterizzano questa condizione psicologica. Questa espressione è stata coniata da Peter Werder e Philippe Rothlin per riferirsi alla noia cronica sul lavoro, accompagnata dalla mancanza di interesse e di stimoli.
Ben presto, però, questa sensazione finisce per avviluppare ogni aspetto dell’esistenza di chi ne è affetto, causando la comparsa di disturbi del sonno, stati di ansia, depressione e problemi psicosomatici. Riconoscere il bore out non è facile: spesso, infatti, questa condizione viene scambiata per una fase di stress momentanea. Agire tempestivamente per aiutare chi si trova intrappolato in questa spirale di passività e malessere è indispensabile per evitare che la situazione peggiori ulteriormente. Per questo, è importante conoscere quali sono i sintomi del bore out: scopriamoli insieme.
Il primo segnale con cui si manifesta questa condizione di disagio è la mancanza di concentrazione: chi ne è affetto appare facilmente distraibile, confuso e spaesato. L’attività lavorativa di queste persone, di conseguenza, procede lentamente e faticosamente. Il loro rendimento subisce un calo spesso drastico, che si accompagna a una mancanza di interesse verso la qualità delle proprie prestazioni.
Quali sono le cause della sindrome del bore out? Secondo gli esperti, una routine eccessivamente opprimente, povera di stimoli e di novità, potrebbe aumentare il rischio di insorgenza di questa problematica. Il susseguirsi di giorni tutti uguali, infatti, avrebbe l’effetto di privare le persone di entusiasmo e voglia di fare. Non solo: questa condizione potrebbe essere anche scatenata da una delusione. Può capitare, ad esempio, che si manifesti a seguito di una mancata promozione o di uno scarso riconoscimento all’interno del proprio ambiente lavorativo.
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Come fare per recuperare la motivazione e l’interesse per la propria vita professionale e non? Il primo passo è quello di impostare dei confini precisi tra la sfera lavorativa e quella privata, ritagliandosi del tempo da dedicare a sé, ai propri affetti e alle attività ricreative più amate. Evitando che soddisfazione e autostima dipendano interamente dalla nostra professione, potremo recuperare l’autonomia e la serenità persa e – perché no – metterci in gioco per cimentarci nella ricerca di lavori più valorizzanti.
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