L’Islanda ha dimostrato che è possibile lavorare meno ore senza compromettere la produttività, portando avanti un esperimento innovativo che ha lasciato il mondo a bocca aperta. Tra il 2015 e il 2019, nel settore pubblico, è stata introdotta la riduzione dell’orario di lavoro settimanale a 35-36 ore, con stipendi invariati. Questo cambiamento, che ha coinvolto circa 2.500 persone, ha prodotto risultati sorprendenti: la produttività non solo è rimasta stabile, ma in alcuni casi è addirittura aumentata.
I benefici non si sono limitati alla sfera professionale. I lavoratori hanno riferito un miglioramento generale del loro benessere, con un abbassamento dei livelli di stress e di burnout, migliori condizioni di salute e una percezione più equilibrata tra vita lavorativa e privata. Questi risultati positivi hanno spinto i sindacati islandesi a negoziare una riduzione dell’orario di lavoro per una parte significativa della forza lavoro, estendendo così il modello a tutta la nazione.
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In parallelo l’Islanda ha visto un periodo di espansione economica, con un tasso di crescita del 5% nel 2023, uno dei più alti in Europa. Il tasso di disoccupazione è rimasto basso, attestandosi al 3,4%, un dato che ha contribuito a consolidare la reputazione dell’Islanda come una delle economie più resilienti del continente. L’esperimento islandese si inserisce in un contesto globale in cui cresce l’interesse per la settimana lavorativa corta. Anche Paesi come gli Stati Uniti e l’Irlanda hanno avviato progetti pilota, constatando risultati simili. La domanda di una settimana lavorativa ridotta è sempre più forte, e il modello islandese è visto come un esempio da seguire per migliorare il benessere dei lavoratori senza sacrificare la produttività.
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