Scoperte 7.000 nuove specie nel punto più profondo dell’oceano

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Scoperte 7.000 nuove specie nel punto più profondo dell’oceano

| 31/03/2025
Fonte: Pixabay

Nella fossa delle Marianne, ad oltre 10.000 metri di profondità, proliferano forme di vita e rifiuti di plastica

  • Un team di ricercatori ha utilizzato il sommergibile cinese Fendouzhe per esplorare la Fossa delle Marianne
  • Sono stati raccolti centinaia di campioni biologici a oltre 10.900 metri di profondità
  • I ricercatori hanno identificato 7.564 specie microbiche, di cui l’89,4% completamente nuove per la scienza
  • Oltre ai microrganismi, sono state scoperte nuove specie di anfipodi che vivono in simbiosi con batteri
  • Nonostante le profondità estreme, in queste zone degli oceani sono stati trovati anche rifiuti in plastica

 

Nella fossa delle Marianne, il punto più profondo della Terra a oltre 10.000 metri sotto il mare, gli scienziati hanno scoperto oltre 7.000 nuove specie marine. Anche nel luogo più estremo della Terra la Natura ha trovato il sistema per far proliferare forme di vita.

Un ambiente estremo

Utilizzando il sommergibile cinese Fendouzhe, i ricercatori sono scesi a oltre 10.900 metri di profondità, raccogliendo centinaia di campioni biologici. Da questi, sono state identificate 7.564 specie microbiche, di cui l’89,4% risultano completamente nuove per la scienza.

La Fossa delle Marianne, situata nell’Oceano Pacifico occidentale, rappresenta una delle zone più inaccessibili del pianeta, caratterizzata da pressioni estreme, temperature vicine allo zero e totale oscurità. Nonostante queste condizioni proibitive, la ricerca ha evidenziato una notevole diversità microbica, con una vasta gamma di strategie di sopravvivenza adattate all’ambiente.

La presenza di rifiuti

Oltre ai microrganismi, le spedizioni hanno scoperto nuove specie di anfipodi, piccoli crostacei simili a gamberetti, che vivono in simbiosi con batteri, suggerendo adattamenti evolutivi unici per prosperare in tali profondità. Inoltre, è stato osservato che i pesci che abitano a profondità superiori ai 3 chilometri presentano mutazioni genetiche specifiche che li aiutano a mitigare gli effetti del freddo, della pressione elevata e della mancanza di luce solare.

Tuttavia, insieme a queste scoperte eccezionali, i ricercatori hanno rilevato la presenza di rifiuti umani, tra cui sacchetti di plastica, lattine e persino un cesto per il bucato, evidenziando come l’inquinamento raggiunga anche le zone più remote degli oceani.

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Gli studi forniscono una visione approfondita degli ecosistemi delle fosse oceaniche, dimostrando come la vita possa adattarsi e prosperare anche negli ambienti più difficili del nostro pianeta.

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