Avete mai sentito parlare degli uistitì dai pennacchi bianchi? Questa curiosa denominazione fa riferimento a delle piccole scimmie originarie del Brasile. Alte appena 28 centimetri per un peso di circa 2 chili e mezzo, queste creaturine vivono tra i folti alberi della foresta e si nutrono prevalentemente di resina e insetti. Oltre al loro aspetto buffo, c’è un’altra peculiarità che rende questi mammiferi a dir poco affascinanti.
Secondo i ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme, gli uisitì possiedono una facoltà rarissima nel mondo animale: sono in grado di chiamarsi per nome, designando ogni esemplare del proprio gruppo con una specifica combinazione di suoni. Si tratta di una capacità tutt’altro che banale e di poco conto. Infatti, come spiegato dal professor David Omer, a capo della ricerca: “dare un nome a un individuo fa parte di una più generale abilità cognitiva che è quella di dare etichette vocali: ovvero, assegnare una vocalizzazione a un oggetto. Crediamo che questa capacità sia cruciale per la sopravvivenza di questa specie, che si basa sulla coesione sociale“.
La scoperta del team di ricercatori è importante perché può aiutarci a risolvere il mistero millenario che riguarda lo sviluppo del linguaggio negli esseri umani. A questo riguardo, non esiste un’acclarata spiegazione scientifica, ma una serie di ipotesi su cui la scienza continua a dibattere.
Tra quelle più diffuse, illustrate da Omer, ci sono “una visione sulla comparsa del linguaggio umano la vede come una sorta di “big bang”, qualcosa che si è evoluto esclusivamente negli umani bypassando i nostri più vicini parenti. Altri hanno suggerito che i primati non umani non abbiano l’anatomia vocale per produrre il linguaggio.
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I nostri risultati, con quelli di altri studi, stanno iniziando a cambiare la prospettiva. Abbiamo mostrato un uso molto flessibile della vocalizzazione nei primati non umani. Questa flessibilità suggerisce che queste abilità vocali siano i precursori mancanti dell’evoluzione del linguaggio negli umani“.
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