Perché i nobili romani decoravano i pavimenti con la spazzatura?

Al termine dei banchetti nelle ville greche e romane sul pavimento c’era di tutto. Gli scarti diventavano il soggetto di raffinati mosaici

 

Al termine di ogni festa il pavimento sembra un campo di battaglia: bicchieri rovesciati, molliche, pezzi di tartine o resti di dolciumi, lattine vuote e cartacce. Una visuale sicuramente non piacevole ai nostri occhi e che, invece, migliaia di anni fa, sarebbe stata il soggetto per delle opere d’arte.

Il tema del pavimento non spazzato

Nell’antica Roma, e prima ancora in Grecia, era usanza decorare i pavimenti a mosaico ritraendo la spazzatura di una festa. La prima opera di questo genere, denominata “la stanza non spazzata” fu realizzata da Soso di Pergamo, artista mosaicista greco attivo nel II sec. a.C. Il mosaico è andato perso ma ne parla Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historia”, descrivendolo nei vari dettagli.

La cura nei particolari

Il tema dell’”asaraton oikos” (pavimento non spazzato) dalla Grecia ben presto arrivò anche a Roma. Alcuni esempi che sono sopravvissuti al tempo sono il pavimento a mosaico proveniente da Vigna Lupi a Roma, risalente al II sec. a.C. e conservato ai Musei Vaticani, il mosaico di Aquileia, del I sec. d.C. e quello conservato nel Museo del Bardo a Tunisi. Il primo, realizzato dal mosaicista Eraclito nella sala da pranzo della villa nell’Aventino, ritrae in maniera molto realistica rifiuti sparsi sul pavimento e ogni dettaglio è realizzato con cura.

Il realismo è dato anche dalle ombre che non sono tutte allineate, quasi a voler rappresentare la diversa angolazione delle luci delle lampade. Sul pavimento ci sono ricci di mare, gusci di frutta secca, zampe di pollo e persino un topo che mangia una noce. Anche il mosaico di Aquileia raffigura scarti di un ricco banchetto, tra cui lische di pesce, molluschi, frutta e verdura: soggetti che per alcuni versi sono stati considerati i precursori delle future nature morte.

La spazzatura come simbolo di ricchezza

Ma perché greci e romani riproducevano i rifiuti nei mosaici? L’intento era quello di mostrare la ricchezza del padrone di casa. Era sì spazzatura, ma di qualità eccelsa che non tutti potevano permettersi. Fra i resti raffigurati nei mosaici ci sono aragoste, ostriche e pesce fresco portato dalla costa, conchiglie di importazione, lo zenzero dell’india, i fichi del Medio Oriente e persino i gusci del murice spinoso, un mollusco da cui si estraeva la famosa porpora di Tiro, utilizzata per tingere tessuti pregiati.

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La spazzatura era la fotografia delle feste che si tenevano in villa e raccontava la magnificenza del padrone di casa che deliziava i suoi ospiti con pietanze abbondanti e ricercate.

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