Realizzata in laboratorio una polpetta di mammut. Un’azienda australiana ha coltivato cellule del pachiderma estinto fino a raggiungere il quantitativo necessario per farne una polpetta. L’intento non era di mangiare un originale piatto preistorico, quanto piuttosto di sensibilizzare sull’impiego di carne artificiale in sostituzione degli allevamenti intensivi.
La polpetta di mammut è stata realizzata da Vow, una start up che studia la carne coltivata per produrre cibo sostenibile. La presentazione si è tenuta presso il museo della Scienza di Amsterdam. Quando i ricercatori hanno alzato il panno che copriva il piatto, è comparsa a far bella mostra di sé una palla di carne ben cotta e rosolata.
La carne di mammut è stata realizzata prendendo la sequenza del DNA della mioglobina di mammut, una proteina muscolare importane per conferire alla carne il suo sapore, e ha colmato le poche lacune presenti usando DNA dell’elefante. La sequenza è stata poi inserita in cellule staminali del mioblasto di una pecora, che si sono replicate fino al quantitativo necessario per una polpetta.
«Il nostro obiettivo è di far passare qualche miliardo di consumatori di carne dal consumo di proteine animali convenzionali a tipologie di carne prodotte artificialmente» ha affermato a The Guardian George Peppou, ceo di Vow. «Abbiamo scelto il mammut lanoso perché è simbolo della del cambiamento climatico e della perdita della diversità» ha aggiunto Tim Noakesmith, cofondatore di Vow. Il mammut si è estinto in seguito alla caccia intensiva degli umani e al riscaldamento del clima seguito all’ultima era glaciale.
Presentazione a parte, nessuno ha però assaggiato la preistorica polpetta. «Non abbiamo introdotto nell’organismo questa proteina da migliaia di anni, quindi non sappiamo come potrebbe rispondere il nostro sistema immunitario se la mangiassimo» hanno spiegato i ricercatori.
Mentre decine di aziende studiano come sostituire la carne convenzionale di pollo, maiale e manzo, Vow mescola e abbina cellule di animali non convenzionali per creare nuovi tipi di carne. L’azienda ha già studiato il potenziale di oltre 50 specie tra cui alpaca, bufalo, coccodrillo, canguro, pavone e diversi tipi di pesce. La prima carne alternativa che sarà immessa sul mercato è quella di quaglia giapponese, introdotta entro l’anno nei ristoranti di Singapore. La produzione su larga scala di carne, in particolare di manzo, provoca enormi danni all’ambiente. La carne coltivata consuma meno terra e acqua rispetto al bestiame e non produce emissioni di metano.
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Seren Kell, responsabile della scienza e della tecnologia presso il Good Food Insitute, organizzazione no-profit che promuove alternative vegetali e cellulari ai prodotti animali, ha affermato: «Spero che il progetto apra a nuove argomentazioni sullo straordinario potenziale della carne coltivata per produrre alimenti più sostenibili, ridurre l’impatto sul clima dell’attuale sistema alimentare e liberare terra per pratiche agricole meno intensive».
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