Seppur con qualche eccezione, gli uomini sono meno restii a piangere, mentre le donne hanno il “rubinetto” facile. Ma per quale motivo questa disparità nel pianto tra uomini e donne? I motivi sono diversi: può infatti essere attribuita a una combinazione di fattori scientifici e culturali. Da un punto di vista biologico, svolgono un ruolo significativo gli ormoni. Il testosterone, che è più abbondante negli individui di sesso maschile, può avere infatti un effetto inibitorio sul pianto. Di contro la prolattina, che è presente in livelli più elevati nelle donne, può facilitarlo.
C’è poi il punto di vista culturale e in questo caso a svolgere un ruolo chiave è il contesto sociale. In molte culture, il pianto maschile viene visto come un segno di debolezza e per questo molti uomini potrebbero essere spinti a trattenere le lacrime per il timore di venire giudicati in una sorta di “tabù culturale”. Quest’ultimo punto però può variare a seconda delle società e delle circostanze culturali. In alcuni casi può persino essere visto come segno di nobiltà d’animo.
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Abbiamo un terzo fattore che entra in gioco: il benessere economico del Paese in questione che, secondo diversi studi, può far variare la frequenza del pianto. Nelle nazioni più ricche sembra emergere una maggiore propensione al pianto. I fattori culturali e socio-economici possono dunque interagire in modi complessi nel determinare i comportamenti legati al pianto. Infine precisiamo che le differenze di genere nel pianto sono qualcosa che emerge o si intensifica durante lo sviluppo. Prima dell’adolescenza, infatti, i bambini e le bambine piangono in misura simile, mentre quando crescono iniziano ad evidenziarsi delle differenze.
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