Per decenni pensiero e parole sono stati ritenuti in stretta connessione, ma recenti studi hanno confutato le teorie comunemente accettate
- Gli scienziati da molto tempo si interrogano sulla relazione tra pensiero e linguaggio e se sia possibile formulare pensieri senza usare le parole
- Per decenni è stata comunemente accettata la teoria secondo cui formulare un pensiero implicasse necessariamente l’utilizzo del linguaggio
- Recenti studi hanno evidenziato che alcune persone non hanno un monologo interiore e quando si trovano a dover risolvere dei problemi non usano le zone del cervello adibite al linguaggio
- I ricercatori hanno fornito problemi di algebra a degli individui di cui hanno monitorato l’attività cerebrale tramite risonanza magnetica funzionale
- Durante la risoluzione dei problemi le regioni del cervello associate al linguaggio non si illuminavano: in pratica i soggetti ragionavano senza usare le parole
Il linguaggio appartiene solo all’uomo ed è l’elemento che lo distingue dagli animali. Gli scienziati da molto tempo si interrogano sulla relazione tra pensiero e linguaggio e se sia possibile formulare pensieri senza usare le parole.
Gli studi
Russel Hurlburt, psicologo e ricercatore presso l’Università del Nevada, Las Vegas, studia il modo in cui le persone formulano i pensieri. Se per decenni è stata comunemente accettata la teoria secondo cui formulare un pensiero implicasse necessariamente l’utilizzo del linguaggio, recenti studi hanno invece confutato le conoscenze pregresse.
Le ricerche di Hurlburt hanno evidenziato che alcune persone non hanno un monologo interiore e quando si trovano a dover risolvere dei problemi non usano le zone del cervello adibite al linguaggio.
Il pensiero non simbolizzato
«Il “pensiero non simbolizzato” è un tipo di processo cognitivo che si verifica senza l’uso delle parole» ha affermato lo scienziato che ha coniato il termine dopo aver condotto anni di studi sul fenomeno. «La maggior parte delle persone non sa di avere un pensiero non simbolizzato. Del resto nessuno può conoscere la mente degli altri e presumiamo che i processi del pensiero siano uguali per tutti, ma non è così».
«Un’affermazione importante è che il linguaggio è nato fondamentalmente per permetterci di avere pensieri più complessi» ha affermato Evelina Fedorenko, neuroscienziata e ricercatrice presso il McGovern Institute del MIT. Questa idea è stata sostenuta da celebri linguisti come Noam Chomsky e Jerry Fodor a metà del XX secolo, essendo poi confutata da nuovi studi portati in anni recenti.
L’osservazione del cervello durante la risoluzione di un problema
Per studiare meglio la relazione tra pensiero e linguaggio, si ricorre a moderne tecnologie come la risonanza magnetica funzionale che offre ai ricercatori un’immagine chiara delle varie parti del cervello e le corrispondenti funzioni.
«Se il linguaggio è fondamentale per pensare, allora le regioni cerebrali associate all’elaborazione del linguaggio dovrebbero illuminarsi ogni volta che qualcuno usa la logica per risolvere un problema» ha ipotizzato Fedorenko. Per testare questa affermazione, la ricercatrice e il suo team hanno condotto uno studio fornendo ai partecipanti un problema di logica senza parole da risolvere, come un sudoku o problemi di algebra. I ricercatori con la risonanza hanno monitorato il cervello delle persone, scoprendo che le regioni del cervello associate al linguaggio non si illuminavano durante la risoluzione dei problemi: in pratica i soggetti ragionavano senza usare le parole.
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Le ricerche di Fedorenko, di Hurlburt e di altri studiosi dimostrano che per la cognizione umana il linguaggio non è essenziale e, laddove un individuo ne sia privo, come nel caso dell’afasia, la capacità di pensiero e ragionamento non ne è condizionata e funziona comunque bene.
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- https://www.livescience.com/can-we-think-without-language
- https://owlcation.com/humanities/thinking-thoughts-without-language