Da dove viene questa parola? La sua origine non è affatto sconcia

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Da dove viene questa parola? La sua origine non è affatto sconcia

| 02/07/2024
Fonte: Pxhere

Un tempo significava “appartato”, oggi è persino usato come insulto

  • La parola “cesso” è ritenuta volgare, al punto da essere utilizzata non solo per designare il wc, ma anche come insulto
  • Eppure, la sua origine etimologica è tutt’altro che sconcia
  • Questo vocabolo indicava semplicemente un luogo appartato in cui espletare i propri bisogni
  • Nel corso del tempo, però, ha finito per assumere un’accezione estremamente negativa
  • Si tratta di un processo comune che ha a che fare con la psicologia e la linguistica: scopriamo di più sull’argomento

 

Siamo tutti d’accordo: la parola “cesso” non è certo il massimo dell’eleganza. Sentirla pronunciare, infatti, ci evoca una sensazione di sgradevolezza e volgarità. Eppure, originariamente questo termine possedeva un’accezione tutt’altro che sconcia. Basta considerare la sua ricostruzione etimologica: derivante dal latino secessus, ovvero appartato, descriveva semplicemente un luogo ritirato e intimo in cui espletare i propri bisogni.

Sulla scia di cesso, c’è un altro termine a cui convenzionalmente associamo sensazioni di disgusto: latrina. Eppure, il medesimo discorso vale per questo vocabolo, che originariamente aveva una valenza neutra. Proveniente dal latino lavatrina, era impiegato per indicare qualsiasi luogo fosse adibito alle pratiche igieniche. Vi state chiedendo perché, nel corso del tempo, la percezione di queste due parole sia profondamente mutata, acquisendo una connotazione negativa? C’è un’affascinante spiegazione che coinvolge la linguistica e la psicologia.

Da eufemismi a parole sgradevoli: ecco perché i vocaboli si “corrodono” nel tempo

Partiamo con qualche chiarimento etimologico: gli eufemismi sono quelle parole a cui ricorriamo per indicare oggetti e pratiche imbarazzanti e sgradevoli, attenuandone la ripugnanza. Pensiamo, ad esempio, alla frase “è venuto a mancare”, funzionale a comunicare la morte di qualcuno in maniera più indiretta e delicata.

Il problema di fondo, però, è che nel corso del tempo gli eufemismi finiscono per caricarsi della stessa negatività che attribuiamo agli eventi e alle operazioni che indicano. Ad essere sgradevole, quindi, non è la parola di per sé, ma ciò che indica. Per questo, abbiamo continuamente bisogno di coniare nuovi eufemismi che possano prendere il posto di quelli vecchi.

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Questi ultimi, pur essendo neutrali in origine, hanno finito per introiettare la paura, il disgusto e la vergogna che parlare di alcuni argomenti, come la morte, la malattia o le funzioni corporali, ci evoca.

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