Ovulo

“Mi chiamo Paolo, non vi dico il cognome per questioni di privacy. La mia dolcissima metà sono mesi che punta a farmi ricoverare in manicomio stressandomi continuamente con la “necessità” di avere un bambino. È talmente ossessionata che ha preso un animale domestico, un cane nello specifico e lo ha chiamato “Ovulo”,  sì, avete capito bene. Il tutto per rammentarmi quali sono i miei doveri (che tra l’altro a questo punto poteva chiamarlo tipo “chi*v*mi”, no?! Almeno sarebbe stato più chiaro!)
Noi uomini puntiamo in tutt’altra direzione, da sempre (salvo forse in qualche caso o comunque ad un certo punto della vita). Dalla notte dei tempi abbiamo la fobia della gravidanza e la alimentiamo da quando siamo in fasce. Non è colpa nostra! Ci educano così… Ce lo insegnano sin da piccoli. Probabilmente è anche una questione genetica: ce lo abbiamo proprio nel DNA. Ci dicono: non ti far fregare. Stai attento. Occhio che per 20 secondi di piacere passi 20 anni di dispiaceri. Fai attenzione, non ti rovinare la vita. Soprattutto non farlo da troppo giovane. Ce lo dicono i nostri padri, gli amici, la televisione, tutti. Quindi noi lottiamo ad ogni avventura, ad ogni incontro sessuale. E partiamo già prevenuti anche se l’incontro non è dichiaratamente sessuale in partenza.

Ci impegniamo per fare in modo che il nostro seme non venga piantato nel campo sbagliato, che le api non impollinino nulla, che sotto i cavoli non compaia magicamente un bel niente. Odiamo le cicogne e festeggiamo l’arrivo del ciclo mestruale come se fosse Pasqua ogni santo mese. I giorni di ritardo sono giorni di frustrazione e disperazione. Proviamo tenerezza ed un grande sentimento di compassione per amici e conoscenti con figli. I nostri riti sono contro la fertilità, non a favore! È una filosofia di vita. È spirito di autoconservazione. È tutto perfettamente normale!

La mia compagna però, evidentemente, voleva a tutti i costi un figlio, proprio da me, e in modo piuttosto subdolo ha cercato di instillare dentro di me l’idea di ingravidarla. Questa è la mia breve storia trist-a no, in realtà è a lieto fine.”

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Paolo condivide una storia personale riguardante la sua relazione e la pressione che sta vivendo da parte della sua compagna per avere un bambino. Senza rivelare il cognome per questioni di privacy, racconta che la sua dolce metà è talmente ossessionata dall’idea di avere un figlio che ha persino preso un cane e lo ha chiamato “Ovulo” per ricordargli costantemente i suoi doveri.

Paolo spiega che gli uomini, in generale, hanno una fobia della gravidanza che si sviluppa sin da piccoli. È una mentalità inculcata dai genitori, dagli amici e dai media, e probabilmente ha radici genetiche. Da sempre, gli uomini sono educati a stare attenti a non rovinarsi la vita con una gravidanza non pianificata, soprattutto in giovane età.

Racconta che gli uomini si impegnano a evitare che il loro seme venga piantato nel “campo sbagliato,” e che vedono l’arrivo del ciclo mestruale come una festa. I giorni di ritardo del ciclo sono fonte di ansia e frustrazione, e provano compassione per amici e conoscenti con figli. Per loro, i riti sono contro la fertilità, non a favore, una vera e propria filosofia di vita e spirito di autoconservazione.

La compagna di Paolo, però, desiderava un figlio a tutti i costi e ha cercato in modo subdolo di instillare in lui l’idea di ingravidarla. Questa è la storia di Paolo, che nonostante tutto, definisce la sua vicenda come a lieto fine.

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