Nostalgia del lockdown: c’è chi rimpiange la quarantena

Quarantine nostalgia: il fenomeno che spopola sui social

 

Ricordate i tempi in cui eravamo segregati in casa a causa della pandemia? Ansia, solitudine, depressione sono stati solo alcuni degli effetti collaterali derivanti dal lockdown, che ha compromesso notevolmente la salute mentale delle persone. Eppure, incredibile ma vero, c’è chi prova nostalgia per la quarantena. Sui social, infatti, sono in molti ad esprimere la mancanza del periodo di isolamento dovuto al Covid-19.

Tra gli utenti c’è chi malinconicamente fa notare: “Vi ricordate il lockdown, quando tutti facevano il pane a casa, ballavano, si cimentavano nell’arte, si prendevano cura delle loro piante e imparavano cose utili. Per un attimo abbiamo visto come la vita dovrebbe essere“. E ancora, chi chiede: “Vi ricordate quando l’inquinamento è stato spazzato via e il cielo era blu?“. Questo fenomeno è diffuso a tal punto che è stata anche coniata un’espressione per indicarlo: quarantine nostalgia. Vi state domandando come sia possibile sentire la mancanza del lockdown? Secondo gli esperti i motivi sono molteplici: esaminiamoli insieme.

Perché sentiamo la mancanza del lockdown?

Sono in molti gli psicologi che hanno tentato di spiegare perché sempre più persone sono afflitte dalla nostalgia dello stato di isolamento dovuto al coronavirus. Da un lato, va considerata l’ansia da prestazione e lo stress causato dall’eccessivo perfezionismo e dalla performatività che ci è richiesta ogni giorno. La psicoterapeuta Micheline Maalouf, per esempio, ha sottolineato: “Per la prima volta nella nostra vita, non fare nulla era accettabile“.

Senza contare, poi, la FOMO (Fear Of Missing Out), ovvero il senso di inquietudine derivante dal non prendere parte agli eventi e di ritrovarsi esclusi da esperienze ed attività gratificanti. Secondo la dottoressa Carla Marie Manly, infatti, la quarantena ha rappresentato il primo momento in cui “si poteva rinunciare agli eventi sociali senza sensi di colpa“.

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Va considerato, poi, che l’isolamento ha costituito “un periodo di rivalutazione, un’opportunità per guardare alla vita che volevamo vivere, una sorta di rivisitazione e un riapprezzamento delle cose e delle persone che ci mancavano“. Naturalmente, verrebbe da chiedersi a che prezzo. Il peso del lutto, della frustrazione e della paura del contagio, però, sembra essere stato offuscato dal tempo, lasciando spazio alla malinconia dei tempi andati. Insomma, anche in questo caso c’è chi sarebbe pronto a sostenere che si stava meglio quando si stava peggio. E voi, che ne pensate?

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