Quante volte ci siamo ripromessi di non ricadere negli stessi errori? Eppure, eccoci di nuovo lì, intenti a ripetere esattamente ciò che avevamo giurato di evitare. Sembra una specie di maledizione o un cortocircuito mentale, ma in realtà dietro questo comportamento ci sono ragioni precise. Tra psicologia e ironia, esploriamo il motivo per cui sembra così difficile imparare dai nostri passi falsi.
Il primo mito da sfatare è che “sapere” sia sufficiente per cambiare. Quante volte, subito dopo un errore, ci siamo detti: “Mai più!”, convinti che il semplice atto di riconoscere lo sbaglio bastasse a tenerci lontani dal ricaderci? La verità è che il cervello non funziona così. La consapevolezza è solo il primo passo, ma il cambiamento richiede molto di più: disciplina, autocontrollo e, soprattutto, la capacità di andare contro le abitudini.
Le abitudini, infatti, sono come solchi scavati nel nostro cervello: più a lungo ripetiamo un comportamento, più quel solco diventa profondo, quasi automatico. Ecco perché, anche se sappiamo che qualcosa è sbagliato, ci ritroviamo a farlo di nuovo. Ad esempio, avete mai promesso di smettere di controllare i social durante il lavoro, solo per trovarvi poco dopo a scorrere Instagram? Non è pigrizia o mancanza di forza di volontà, ma il risultato di anni di comportamento automatico.
Un altro grande colpevole è la memoria emotiva. Non ricordiamo i nostri errori in modo oggettivo, ma attraverso il filtro delle emozioni. Se un errore ci ha procurato una gratificazione immediata – anche minima – il cervello tenderà a concentrarsi su quell’aspetto positivo e a minimizzare le conseguenze negative.
Immaginiamo il classico esempio di inviare un messaggio all’ex. Sappiamo che è una pessima idea, sappiamo che il risultato sarà un mix di delusione e frustrazione. Ma ricordiamo anche la scarica di adrenalina del “forse questa volta risponderà bene”, o la sensazione fugace di essere ancora importanti per quella persona. Così, il nostro cervello ci inganna e ci spinge a ripetere lo stesso comportamento, ignorando il fatto che il finale sarà prevedibilmente disastroso.
C’è un altro motivo per cui tendiamo a ripetere gli stessi errori: il nostro cervello preferisce ciò che conosce, anche se è doloroso, rispetto a ciò che è nuovo e sconosciuto. Cambiare implica affrontare l’incertezza, che per la mente umana è spesso più spaventosa dell’idea di continuare a soffrire.
Un esempio concreto? Restare in una relazione tossica. Sappiamo che ci fa male, ma l’idea di affrontare la solitudine, o di costruire una nuova routine senza quella persona, sembra ancora peggiore. Così restiamo lì, incastrati in una situazione familiare ma dannosa, perpetuando il ciclo degli errori.
Un aspetto spesso trascurato è l’importanza di saper ridere dei propri errori. L’autoironia non solo ti aiuta a sdrammatizzare, ma ti consente di affrontare il cambiamento con leggerezza. Prenditi sul serio, ma non troppo: a volte, è proprio il peso delle aspettative a sabotare i nostri progressi.
Ridere di noi stessi, anziché autoflagellarci, ci permette di accettare che siamo esseri umani, imperfetti per natura. E forse, proprio in quella risata, troviamo la forza per fare un passo in avanti.
Gli errori, se osservati con la giusta prospettiva, sono una miniera di insegnamenti. Ogni errore ripetuto ci dice qualcosa di noi: cosa ci manca, cosa desideriamo davvero, dove stiamo sbagliando. Invece di odiarli, impariamo ad accoglierli come parte del nostro percorso.
Certo, sarebbe bello smettere di inviare quel messaggio all’ex o di comprare scarpe che non ci servono. Ma fino a quel giorno, possiamo almeno imparare a convivere con i nostri sbagli, cercando di migliorarci un po’ alla volta. Perché, alla fine, la perfezione è un’utopia, ma il miglioramento è alla portata di tutti.
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