Non sopporti il contatto fisico? C’è una spiegazione psicologica

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Non sopporti il contatto fisico? C’è una spiegazione psicologica

| 30/08/2024
Fonte: X

Le cause psicologiche alla base del disagio nel contatto fisico: tra traumi, ansia e ricordi d’infanzia

  • Il rifiuto del contatto fisico può derivare da esperienze traumatiche passate, disturbi d’ansia o ricordi d’infanzia legati a manifestazioni di affetto forzate
  • Esperienze di abuso e traumi possono portare a un’associazione negativa con il contatto, percepito come una minaccia
  • L’ansia sociale può amplificare il disagio verso il contatto, rendendo il tocco una fonte di stress anziché di conforto
  • L’introversione e il bisogno di spazio personale fanno percepire il contatto non richiesto come un’invasione dell’intimità
  • La cultura e il contesto sociale influenzano notevolmente il grado di accettazione o rifiuto del contatto fisico, con differenze significative tra società più o meno “affettuose”

 

Ti è mai capitato di sentirti a disagio quando qualcuno si avvicina troppo o ti tocca senza preavviso? Se hai risposto di sì, sappi che non sei solo. Il rifiuto del contatto fisico non è un capriccio o una stranezza, ma può avere radici profonde nella psicologia individuale e nelle esperienze vissute.

Il contatto fisico, per molti una fonte di conforto e affetto, può rappresentare per altri un vero e proprio incubo. Ma perché accade questo? Le spiegazioni possono essere diverse e spesso sono collegate a esperienze traumatiche del passato. Una persona che ha subito abusi fisici o emotivi può sviluppare una repulsione naturale per il contatto, associandolo inconsciamente al dolore, alla paura e alla vulnerabilità. In queste situazioni, il tocco non è percepito come un gesto affettuoso, ma piuttosto come una minaccia alla propria sicurezza.

Tuttavia, non sono solo i traumi a giocare un ruolo in questo contesto. Anche i disturbi d’ansia possono contribuire significativamente all’avversione per il contatto fisico. Chi soffre di ansia sociale, ad esempio, può percepire il contatto come un’invasione del proprio spazio personale, amplificando il disagio. La pelle, essendo l’organo sensoriale più esteso del corpo, può diventare un ricettore di queste sensazioni negative, scatenando una reazione istintiva di difesa. Le persone che vivono in uno stato di allerta costante, tipico di chi soffre di ansia, possono interpretare il contatto fisico come una minaccia anziché come un gesto di affetto.

Un altro fattore spesso trascurato, ma molto influente, è l’esperienza infantile con il contatto fisico. Se durante l’infanzia si è stati “forzati” a ricevere coccole o gesti di affetto in modo eccessivamente affettuoso o invadente, si potrebbe sviluppare una certa avversione verso il tocco da adulti. In questi casi, il contatto fisico viene percepito come qualcosa di invasivo e sgradevole, anche se chi lo offre non ha cattive intenzioni. I bambini che sono stati costretti a subire manifestazioni di affetto senza il loro consenso possono crescere con l’idea che il contatto fisico sia qualcosa da evitare.

Quando l’introversione e la cultura influenzano la nostra percezione del tocco

Oltre alle esperienze traumatiche, ai disturbi d’ansia e ai ricordi d’infanzia, anche la personalità e la cultura di appartenenza giocano un ruolo fondamentale nel modo in cui percepiamo il contatto fisico. Gli introversi, ad esempio, tendono a preferire spazi personali ben definiti e a proteggere la propria intimità. Per loro, il contatto fisico non richiesto può rappresentare un’invasione della sfera personale, un gesto che non lascia il tempo necessario per prepararsi mentalmente. L’introversione può quindi accentuare il disagio e la sensazione di fastidio quando si viene toccati inaspettatamente.

Inoltre, la cultura di origine può accentuare o attenuare queste sensazioni. In alcune società, come quelle del Nord Europa, il contatto fisico è meno frequente e più formale. In questi contesti, il disagio di chi non apprezza il tocco può essere meno evidente, poiché il contatto fisico è già limitato a situazioni specifiche e ben definite. Al contrario, in culture mediterranee o latinoamericane, dove il contatto fisico è più comune e accettato, chi ha difficoltà con il tocco potrebbe sentirsi maggiormente isolato o incompreso. In questi contesti, il rifiuto del contatto può essere interpretato come una forma di freddezza o di rifiuto sociale, aumentando il senso di esclusione.

Anche la differenza di genere può avere un impatto. Le donne, ad esempio, potrebbero subire pressioni sociali maggiori per essere più “affettuose” e “accoglienti” rispetto agli uomini. Questo può portare a un conflitto interno per chi non si sente a proprio agio con il contatto fisico, creando una dissonanza tra ciò che si percepisce come appropriato e ciò che ci si aspetta da loro.

Strategie per gestire l’avversione al contatto fisico

Se ti riconosci in queste descrizioni e vuoi cercare di gestire meglio il tuo disagio verso il contatto fisico, ci sono diverse strategie che possono aiutarti. Prima di tutto, è fondamentale riconoscere e accettare i propri sentimenti. Non c’è nulla di sbagliato nel preferire spazi personali ben definiti, e non è necessario forzarsi a essere fisicamente affettuosi se questo ti causa stress o disagio.

Comunicare le proprie esigenze agli altri è un altro passo importante. Spesso, chi cerca il contatto fisico non è consapevole del disagio che può provocare. Esprimere con calma e chiarezza le proprie preferenze può aiutare a evitare situazioni spiacevoli senza compromettere le relazioni personali.

Infine, lavorare su se stessi attraverso la terapia può essere un’opzione valida, soprattutto se l’avversione al contatto fisico è legata a traumi passati o a disturbi d’ansia. Un terapeuta può aiutarti a esplorare le radici del tuo disagio e a sviluppare strategie efficaci per gestirlo.

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