L’uomo soffriva di ansia
- Un autista licenziato per aver cantato al piano bar durante la malattia, è stato reintegrato grazie alla decisione della Corte di Cassazione
- L’uomo soffriva di ansia e i giudici hanno stabilito che attività ricreative come il canto potevano favorire la guarigione
- L’azienda non ha dimostrato che il piano bar fosse incompatibile con il percorso di ripresa del dipendente
- La Corte d’Appello e la Cassazione hanno confermato che il licenziamento era illegittimo, ordinando il risarcimento e il reintegro
- Il canto al piano bar era svolto a titolo gratuito e non costituiva una violazione delle condizioni di malattia
Un autista della compagnia di trasporti Cotral è stato reintegrato nel suo ruolo dopo essere stato licenziato nel 2020 per aver partecipato a serate di canto al piano bar durante un periodo di malattia certificata. L’uomo, che soffriva di un disturbo d’ansia, è stato difeso dai giudici, che hanno ritenuto che la sua attività ricreativa fosse compatibile con il percorso di guarigione.
Il caso è arrivato fino alla Corte di Cassazione, che ha confermato le precedenti sentenze della Corte d’Appello di Roma. I giudici hanno sottolineato che il canto e altre attività di svago non rappresentano necessariamente un’incompatibilità con una condizione medica come l’ansia, anzi possono contribuire a migliorare il benessere psicologico. Questa posizione è stata sostenuta anche dal fatto che l’attività di canto era svolta gratuitamente, senza costituire un impegno lavorativo aggiuntivo.
Si è trattato di una forma di svago terapeutico
La controversia è iniziata dopo che l’azienda aveva sorpreso il dipendente fuori casa in tre occasioni durante i controlli di malattia. L’uomo, però, ha impugnato il licenziamento sostenendo che la sua partecipazione al piano bar era una forma di svago terapeutico. I giudici hanno evidenziato che Cotral non ha fornito prove sufficienti per dimostrare l’incompatibilità tra l’attività svolta e il percorso di guarigione. La Corte d’Appello aveva già dichiarato illegittimo il licenziamento, ordinando il reintegro del dipendente e un risarcimento di 2.127 euro.
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La Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro aveva l’onere di provare che il comportamento del lavoratore avesse ostacolato la ripresa psico-fisica, cosa che non è avvenuta. Insomma, sembra che le attività ricreative svolte durante la malattia, se compatibili con il recupero, non rappresentano una violazione delle condizioni di malattia. La decisione ha anche ribadito la necessità di valutare i singoli casi con attenzione, soprattutto quando si tratta di patologie come l’ansia, dove il benessere emotivo gioca un ruolo cruciale nel processo di guarigione.
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