“Ma però” e “a me mi piace” sono errori grammaticali? Cosa dice la Crusca

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“Ma però” e “a me mi piace” sono errori grammaticali? Cosa dice la Crusca

| 22/12/2024
Fonte: Pexels

Spesso bistrattati, sono strumenti stilistici con una specifica funzione espressiva

  • Considerata ridondante “a me mi piace” enfatizza il soggetto, rendendo il messaggio più chiaro e diretto, soprattutto nel parlato informale
  • Sebbene critico per la ripetizione, “ma però” serve a rafforzare il contrasto tra idee o azioni, come dimostrato dagli scritti di Dante e Manzoni
  • Entrambe le espressioni sono strumenti tipici del parlato informale, utili per aggiungere enfasi e chiarezza
  • L’Accademia della Crusca le considera strumenti stilistici, non veri e propri errori grammaticali
  • Questi usi dimostrano la flessibilità della lingua italiana, adattata alle esigenze comunicative di chi la utilizza.

 

Espressioni come “ma però” e “a me mi piace”, spesso giudicate come errori grammaticali, sono state rivalutate dall’Accademia della Crusca. In realtà, infatti, si tratta di strumenti stilistici che arricchiscono il linguaggio, particolarmente utili nel parlato informale. “A me mi piace” è considerato pleonastico perché combina l’uso di “a me” e “mi”, apparentemente ridondanti.

Tuttavia, questa costruzione sottolinea con maggiore enfasi il soggetto dell’affermazione. Ad esempio, quando si dice “a me mi piace il caffè”, si pone l’accento sulla preferenza personale, rendendo il discorso più coinvolgente e diretto. L’espressione è tipica del linguaggio colloquiale, dove il parlante cerca di enfatizzare il proprio punto di vista.

L’uso è ampiamente accettabile in contesti informali o artistici

Similmente, “ma però” viene criticato per la combinazione di due congiunzioni che introducono un contrasto. Tuttavia l’Accademia della Crusca evidenzia come l’uso di “ma però” serva a rafforzare l’opposizione tra due concetti o situazioni. Questa espressione è stata ampiamente utilizzata anche da grandi autori della letteratura italiana, come Dante nella Divina Commedia e Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi.

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Nei loro testi, la doppia congiunzione non solo crea enfasi, ma contribuisce a un effetto drammatico o realistico, avvicinando il linguaggio letterario a quello parlato. L’uso di tali espressioni, sebbene non conforme alla grammatica normativa, è ampiamente accettabile in contesti informali o artistici. Esse non impoveriscono il discorso, ma ne ampliano la capacità espressiva. Di fatto, sono un esempio di come la lingua sia flessibile e in continua evoluzione, riflettendo il modo in cui viene realmente utilizzata nella vita quotidiana.

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