Circa 4.900 anni fa, le comunità neolitiche dell’isola danese di Bornholm hanno seppellito ritualmente centinaia di pietre incise, note come “pietre del sole”, nel tentativo di contrastare i drastici cambiamenti climatici causati da una massiccia eruzione vulcanica.
L’evento vulcanico, avvenuto intorno al 2900 a.C., portò grandi quantità di zolfo nell’atmosfera, creando una foschia che bloccava la luce solare. Questo provocò una diminuzione significativa delle temperature e della luminosità, portando al fallimento dei raccolti e rappresentando una minaccia esistenziale per le società agricole dell’epoca.
Durante gli scavi archeologici a Vasagård, sull’isola di Bornholm, sono state rinvenute oltre 600 di queste pietre piatte in scisto, spesso decorate con motivi solari associati simbolicamente alla fertilità e all’equilibrio cosmico. Le pietre erano accompagnate da ossa di animali, frammenti di ceramica rotta e utensili in selce, depositati in fossati cerimoniali. Secondo il dottor Rune Iversen, dell’Università di Copenaghen, tali rituali avevano probabilmente lo scopo di ripristinare la luce solare e garantire la prosperità agricola.
Carote di ghiaccio prelevate sia in Groenlandia che in Antartide mostrano una significativa presenza di zolfo intorno al 2900 a.C., indicando l’eruzione vulcanica. Ulteriori conferme provengono da strati sedimentari di laghi in Germania e da studi dendrocronologici negli Stati Uniti, che attestano un periodo di scarsa luminosità solare e condizioni climatiche estremamente sfavorevoli.
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I cambiamenti climatici portarono sconvolgimenti diffusi nell’Europa settentrionale. Analisi del DNA di resti umani indicano che anche il diffondersi di infezioni di peste che contribuirono a rendere molto difficile la sopravvivenza delle comunità neolitiche.
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