Dopo la pandemia, il mondo del lavoro è cambiato radicalmente. O meglio, a mutare è stata la prospettiva dei lavoratori che ora ritengono più importante l’equilibrio tra lavoro e vita privata rispetto a fare carriera. A rivelarlo è uno studio condotto su scala globale che ha coinvolto migliaia di lavoratori facendo emergere come per il 94% dei partecipanti questo aspetto sia prioritario, seguito da retribuzione (93%) e sicurezza del lavoro (90%).
Come detto, l’avanzamento di carriera non è più al centro delle priorità con il 50% dei lavoratori che sarebbe disposto a rinunciare alle prospettive di crescita pur di rimanere in un ruolo che apprezza. Certamente la Generazione Z e i Millennials sono le generazioni più “ambiziose”, ma solo la metà degli intervistati dichiara di essere ambizioso nella propria carriera cercando un significato più ampio nel loro percorso professionale.
Leggi anche: Sta spopolando la tendenza al quiet quitting sul lavoro: di che si tratta?
Per un esiguo 35% la carriera è una priorità e solo il 5% aspira a guidare la propria azienda. E anzi, il 34% delle persone non considererebbe mai di diventare manager, anche in presenza di opportunità di avanzamento professionale. Ma perché questo cambiamento rispetto alle idee che si avevano anni fa? I motivi sono diversi: la mancanza di un ambiente piacevole (29%), un lavoro incompatibile con la vita personale (28%) e un basso stipendio (25%) superano la mancanza di opportunità di carriera (24%). C’è dunque necessità che le aziende cambino modo di concepire il lavoro, cosa che porterebbe ad una visione ancor più incentrata al benessere nell’ambiente lavorativo.
Share