Il ladruncolo

“mi chiamo Beatrice e sono proprietaria di una panetteria, che a me piace chiamare bakery, in una cittadina della Campania. Non è facile al giorno d’oggi tenere aperto un negozio come il mio, ma io ci tengo particolarmente per due motivi: uno è affettivo, l’altro è che amo moltissimo il mio lavoro e la panificazione. Nonostante le difficoltà di qualunque commerciante che abbia una sede fisica di un negozio, il negozio va abbastanza bene e di lavoro ce n’è, è importante per il mio quartiere. Da qualche settimana però ha cominciato a succedere qualcosa di strano nella mia bakery. Mi ritrovavo con pane e focacce ridotte rispetto a ciò che avevo effettivamente venduto e un pomeriggio becco un ragazzo del quartiere, che abita nel palazzo in cui si trova la mia panetteria e che quindi riconosco, con le mani dentro la marmellata…o meglio, dentro la cassa. Ogni volta che lo becco lui scappa alla velocità della luce. Ma è solo un ragazzino, credo non abbia nemmeno 12 anni e penso lo faccia per goliardia, magari per vincere una sfida con i suoi amici.
Quindi decido di non denunciarlo e cerco di avere il numero della madre, dato che so bene chi è. E da lì comincia questa chat. Ve la mando perché a me questa cosa paradossalmente mi ha aiutata tanto. Mi ha aiutata soprattutto a ricordare una cosa importante e magari chissà, se qualcuno leggerà la storia per intero e fino alla fine, aiuterà a ricordarla anche a voi.”

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Beatrice è la proprietaria di una panetteria che ama definire bakery, un luogo che per lei non è solo un’attività commerciale, ma un vero e proprio pezzo di cuore. Nonostante le difficoltà del settore e il peso della gestione di un negozio fisico, il suo locale funziona bene ed è un punto di riferimento per il quartiere. Tuttavia, nelle ultime settimane ha iniziato a notare qualcosa di strano: il pane e le focacce sembravano sparire senza spiegazione, il denaro in cassa non tornava, e lei si ritrovava con incassi più bassi rispetto al venduto.

Un pomeriggio, però, la verità viene a galla. Beatrice sorprende un ragazzino del quartiere – un bambino che conosce di vista perché vive proprio nel palazzo sopra la sua panetteria – intento a rovistare nella cassa. Appena si accorge di essere stato scoperto, il piccolo fugge via velocissimo. Non è la prima volta, e Beatrice capisce che dietro quei furti non ci sono dei veri criminali, ma solo ragazzini che forse vogliono dimostrare qualcosa agli amici, magari una sfida, un gioco pericoloso.

La sua prima reazione non è quella di denunciarlo, ma di provare a capire. Beatrice decide di rintracciare la madre del bambino per parlarle della situazione, pensando che forse un confronto diretto possa risolvere tutto senza conseguenze troppo pesanti per il ragazzino. Ma quello che accade dopo la lascia senza parole.

La conversazione che segue con la madre del bambino è qualcosa che Beatrice non si aspettava e che, paradossalmente, le ha insegnato una lezione importante. Una lezione che ha voluto condividere, perché è convinta che possa servire a chiunque leggerà la sua storia. Ha deciso di inviare la loro chat perché, pur partendo da una situazione spiacevole, le ha ricordato un valore fondamentale che spesso, nella frenesia della vita, si tende a dimenticare.

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