Fonte: Pixabay
Il concetto di solitudine ha avuto sempre un’accezione negativa, associato a problematiche come la depressione e l’isolamento sociale. Negli ultimi anni, diversi studi scientifici hanno rivalutato il significato di solitudine, distinguendo tra isolamento forzato e ciò che viene definita invece “solitudine positiva”.
A differenza della solitudine imposta, che può portare a effetti negativi sulla salute mentale, la solitudine positiva è una scelta consapevole di stare da soli per rigenerarsi, riflettere e coltivare il proprio equilibrio interiore.
Secondo la psicologa e ricercatrice Thuy-vy Nguyen dell’Università di Durham, con solitudine positiva non si intende necessariamente una disconnessione dagli altri, ma piuttosto un essere emotivamente disponibili per sé stessi. In altre parole, è uno spazio per rallentare e recuperare energia dopo periodi intensi di interazioni sociali. Nguyen afferma che molte persone si sentono sovraccariche da relazioni continue e che la solitudine può diventare uno strumento di autoregolazione e benessere personale.
Uno studio pubblicato nel 2022 conferma che trascorrere del tempo in solitudine sia benefico per la salute mentale e la consapevolezza di sé. Non si tratta solo di “stare soli”, ma di usare quel tempo per attività introspettive, come scrivere, camminare nella natura, meditare o semplicemente rilassarsi senza distrazioni. Questo spazio personale permette anche di prendere decisioni più ponderate e sviluppare la propria creatività.
Un altro studio, pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Geriatric Psychiatry, approfondisce gli aspetti fisiologici ed emotivi della solitudine positiva. Lo studio evidenzia che la solitudine volontaria può essere associata a emozioni piacevoli come tranquillità, rilassamento, felicità e, in alcuni casi, addirittura euforia. Gli autori precisano però che i benefici della solitudine dipendono fortemente dal contesto, dalla personalità e dall’atteggiamento della persona verso l’isolamento.
Inoltre, si evidenzia che nelle società moderne, spesso iperconnesse, il tempo da soli è diventato una risorsa scarsa e sottovalutata, mentre in realtà potrebbe essere fondamentale per prevenire il burnout e migliorare la resilienza emotiva. Anche nei contesti clinici, la solitudine positiva viene oggi considerata un fattore protettivo, ad esempio nella prevenzione del declino cognitivo negli anziani o nella gestione dello stress.
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La ricerca contemporanea riscrive quindi il concetto di solitudine: non più solo un segnale di pericolo sociale, ma anche una dimensione fondamentale per il benessere personale, se vissuta con intenzionalità e in equilibrio con le relazioni sociali.
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