Circa 8500 anni fa alcuni uomini primitivi avevano effettuato un intervento chirurgico al cranio di un loro compagno. La prova è in uno scheletro ritrovato durante uno scavo archeologico a Çatalhöyük, in Turchia.
Nel cranio era presente un foro che dimostrava come l’uomo, di età compresa tra i 18 e i 19 anni, fosse stato sottoposto ad una procedura chirurgica nota come trapanazione.
Sviluppato per la prima volta durante il Neolitico (dal 10.000 al 4.500 a.C.), questo tipo di intervento chirurgico veniva utilizzato per drenare i liquidi o alleviare la pressione sul cervello. La trapanazione era popolare in molte società neolitiche in diverse parti del mondo ed era raccomandata dagli antichi guaritori come forma di trattamento per un’ampia gamma di sintomatologie, tra cui mal di testa, le commozioni cerebrali e persino i disturbi di salute mentale.
Sotto la guida del professor Umut Türkcan, archeologo dell’Università di Anadolu, un team di ricercatori di diverse istituzioni turche è impegnato a eseguire scavi nelle aree residenziali di Çatalhöyük dal 2020.
I ricercatori hanno portato alla luce un nuovo insediamento abitativo e in una delle case hanno trovato sotto il pavimento una tomba che conteneva sette scheletri. Un ritrovamento che all’apparenza non aveva nulla di straordinario, poiché nell’antica Çatalhöyük era consuetudine seppellire i morti sotto le residenze o sotto le case dei propri cari. Dopo successive analisi si è notato che nel cranio di uno degli scheletri era presente un foro: una piccola apertura rotonda dal taglio così netto che non poteva essere stato causato da un trauma accidentale. Il foro aveva un diametro di circa 2,5 centimetri e gli studiosi ritengono che si trattasse di una trapanazione eseguita a scopo terapeutico. La pratica era all’epoca piuttosto diffusa nell’antica Anatolia.
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«L’esempio che abbiamo trovato a Çatalhöyük è uno dei più antichi», ha affermato il professor Handan Üstündağ, archeologo ell’Università di Trakya. «La nostra scoperta mostra che le persone vissute 8.500 anni fa cercavano di curare malattie, alleviare il dolore o la sofferenza dei loro parenti e prevenire la morte. Purtroppo non vi è alcuna indicazione che l’individuo fosse vivo dopo l’operazione in questione, poiché non c’era alcun segno di guarigione nel tessuto osseo. Quando è stata eseguita la trapanazione, l’uomo era sul punto di morire o era già deceduto».
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