Gli insulti attivano il cervello più dei complimenti e si ricordano più a lungo

Uno studio ha sottoposto 80 partecipanti all’ascolto di insulti e complimenti, analizzandone le risposte cerebrali

 

Sappiamo tutti che un insulto può ferire e lasciare tracce nell’animo a lungo termine. Un nuovo studio, realizzato da un team di ricercatori dei Paesi Bassi, spiega perché un insulto genera uno shock emotivo che rimane nella mente più a lungo di una parola gentile. Mentre può risultare facile ignorare un complimento, un’osservazione sprezzante o un insulto possono invece infastidirci per giorni.

L’esperimento di laboratorio

Lo studio ha analizzato le reazioni emotive al linguaggio offensivo, registrando l’attività celebrale di 80 partecipanti mentre ascoltavano insulti rivolti verso di loro o altre persone. Quando ascoltiamo un insulto, il cervello deve elaborare in poche frazioni di secondo molte cose: il significato della parola, il contesto sociale in cui viene detto, le intenzioni di chi lo ha proferito.

L’analisi effettuata dal team, guidato dalla ricercatrice linguistica Marijn Struiksma, si è concentrata sulle risposte del cervello rispetto a parole offensive, di complimenti o neutre. I partecipanti hanno ascoltato 90 insulti con il loro nome, 90 con il nome di un’altra persona, 90 affermazioni descrittive corrette con il loro nome e altre 90 con il nome di un’altra persona, per valutare le diverse risposte del cervello alle affermazioni.

L’insulto è una minaccia alla propria approvazione sociale

Attraverso il monitoraggio cerebrale con EEG, si è scoperto che, quando vengono pronunciati insulti rivolti alla propria persona, il cervello innesca delle reazioni cerebrali di forte intensità che permangono molto a lungo. Queste reazioni sono simili a quelle provocate da uno schiaffo in faccia. Ma perché un insulto verbale ha effetti così incisivi sul cervello? Quando si riceve un’offesa, la persona che la pronuncia esprime apertamente il proprio disprezzo nei confronti dell’altro, con l’intenzione esplicita di colpirlo. La parola offensiva suscita forti emozioni, poiché un insulto è una minaccia al proprio rispetto e all’approvazione sociale che ognuno di noi cerca. La parola offensiva segnala quindi un forte distanziamento interpersonale e può ferire anche per molto tempo.

Ci si abitua ai complimenti ma non agli insulti

Inoltre, mentre è possibile abituarsi alla ripetizione dei complimenti (proprio come accade per altre cose buone) fino a quasi ignorarli, non ci si abitua mai agli insulti, che ogni volta colpiscono allo stesso modo.

Le offese ascoltate nell’esperimento hanno suscitato una risposta cerebrale più ampia rispetto ai complimenti, facendo scattare la reazione del cervello in 250 millisecondi: segno di un’alta sensibilità della persona al comportamento sociale indesiderabile e che le risposte agli insulti sono in qualche modo automatiche.

Per quanto riguarda i complimenti, invece, il cervello risponde in maniera stabile. Le attività cerebrali registrate risultano più piccole rispetto agli insulti, ma non si sono attenuate nel tempo, come si aspettavano i ricercatori. Questo avrebbe indicato una sorta di “saturazione” delle vibrazioni positive. È un quadro significativo di come i nostri cervelli tendano a fissarsi sugli eventi negativi più intensamente di quanto facciano sulle cose positive, un processo noto come “pregiudizio di negatività”.

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I ricercatori hanno specificato che le risposte dello studio, essendo state ottenute da test di laboratorio e gli insulti prodotti in maniera artificiale dalle persone, potrebbero avvicinarsi alle situazioni sociali naturali ma non corrispondere nella loro interezza.

 

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