Fonte: Pixabay
Mantenere un segreto? Una missione impossibile degna di Tom Cruise, almeno per un quarto di noi. E no, non è solo questione di essere pettegoli: dietro il tradimento di una confidenza si nascondono dinamiche psicologiche molto più profonde. A raccontarcelo, con tanto di grafici e studi scientifici, sono i ricercatori dell’Arizona State University e della Columbia University. Sì, hanno messo gente seria a studiare il nostro vizietto di spifferare tutto.
Un team di psicologi comportamentali ha deciso di affrontare un tema spinoso: come mai non resistiamo alla tentazione di svelare i segreti altrui? E, soprattutto, ci sono persone che proprio non dovremmo mai mettere a conoscenza dei nostri scheletri nell’armadio?
Per scoprirlo, hanno coinvolto diversi volontari, chiedendo loro ogni quanto ritenevano giusto rivelare un segreto. Risultato? Circa il 30% degli intervistati ha ammesso di aver spifferato almeno una confidenza ricevuta. E il 26% ha raccontato di aver saputo di terzi segreti che non avrebbero dovuto conoscere. Morale della favola: statisticamente, uno su quattro fa la spia. Anzi, uno su quattro e mezzo, giusto per non farci mancare nulla.
Jessica Salerno, una delle ricercatrici, ha spiegato che i segreti analizzati spaziavano dall’infelicità sul lavoro alle più classiche corna. Insomma, le chicche che, anche senza studio scientifico, sappiamo essere le più “divulgabili”.
La vera chicca emersa dalla ricerca? Non tradiamo i segreti solo per il gusto del pettegolezzo (anche se, ammettiamolo, un po’ sì). Tradire una confidenza dipende, pensate un po’, da quanto stimiamo chi ci affida il segreto.
Se la persona ci appare egoista, moralmente discutibile o semplicemente antipatica, siamo molto più propensi a vuotare il sacco. Un meccanismo psicologico che funge da “punizione inconscia”. Sì, avete capito bene: inconsciamente vogliamo vederla pagare per il suo comportamento.
Leggi anche: “I cani lo fanno meglio”: la Scienza svela il segreto per fare pipì negli orinatoi senza schizzi
Salerno aggiunge: «Quando i volontari percepivano che il segreto riguardava un comportamento immorale, erano molto più inclini a rivelarlo. Perché? Per soddisfare un bisogno emotivo: la voglia di veder punito chi aveva sbagliato». Insomma, altro che fiducia e discrezione: nel nostro cervello lavora una specie di piccolo giustiziere mascherato.
E attenzione: se chi ha combinato il guaio è già stato punito dalla vita (karma, destino o multa da 200 euro compresa), il desiderio di tradire il segreto si riduce drasticamente. La vendetta, evidentemente, va servita solo se ancora calda.
Quando invece la confidenza non è più un vero segreto — cioè è già chiacchierata in giro — chi la riceve si sente libero di divulgarla senza nemmeno bisogno di autogiustificarsi. Non per vendetta, ma solo per il gusto di spettegolare come al bar sotto casa.
Visto che il rischio di essere traditi è così alto, viene da chiedersi: perché allora confidare un segreto a qualcuno? La risposta è semplice: perché tenerlo dentro fa male. Letteralmente.
Conservare un segreto genera stress, isolamento sociale e rotture relazionali. Rivelarlo, invece, produce un senso immediato di sollievo. È come togliersi un macigno dallo stomaco, anche se poi magari finiamo sulla bocca di tutto il quartiere.
La ricerca sottolinea quanto sia importante poter condividere i propri segreti, anche quelli più imbarazzanti, per mantenere sane le relazioni e una buona salute mentale. Ma con una precisazione: bisogna scegliere molto, molto attentamente la persona a cui confidarsi. Perché, diciamolo, non tutti sono degni del nostro lato più vulnerabile. E alcuni non aspettano altro che sventolare ai quattro venti quello che avevamo giurato sarebbe rimasto “tra noi”.
Share