In Giappone con il “divorzio postumo” si chiude con la famiglia del coniuge defunto

La pratica, piuttosto diffusa, consente alle vedove di svincolarsi dagli obblighi sociali nei confronti dei suoceri

 

In Giappone quando si rimane vedovi è possibile avviare il “divorzio postumo”, chiamato shigo rikon, per chiudere i rapporti con la famiglia e i parenti del defunto.

Gli obblighi del primogenito con la famiglia

Se nella cultura occidentale la pratica può apparire senza senso, nella tradizione giapponese ha una sua utilità ben precisa. In Giappone in ogni famiglia il figlio maggiore, che ha privilegi come ereditare il denaro, la casa e la tomba di famiglia, ha l’obbligo di prendersi cura dei genitori quando non sono più autosufficienti. Se però il figlio maggiore muore, il compito passa in successione ad altri membri della famiglia oppure alla moglie, qualora il defunto abbia lasciato precise volontà scritte in merito. Con il divorzio postumo la vedova può sciogliere il vincolo senza ripercussioni in termini di eredità o beni personali o sulla rottura del matrimonio.

Raddoppiate le richieste dagli anni ’90 ad oggi

Anche nel caso in cui la vedova vivesse con i suoceri, non avrebbe più l’obbligo legale di prendersi cura di loro. Diventerebbe più una questione etica se continuare o meno a farlo.

Il divorzio postumo può essere ottenuto in maniera unilaterale, senza che i suoceri possano opporsi, compilando un modulo di richiesta negli appositi uffici comunali. Secondo i dati del Ministero ella Giustizia giapponese, il numero dei divorzi postumi annuali è attualmente di circa 4000 all’anno, contro una media di 2000 negli anni ’90. In genere sono solo le donne ad avviare la pratica per via delle aspettative culturali che si hanno nei confronti delle mogli in Giappone.

I suoceri però non escono completamente dalla vita dell’ex nuora quando ci sono i nipoti, poiché il legame reciproco e il desiderio di frequentarsi con loro non è condizionato dal provvedimento.

La condizione della donna in Giappone

Il codice civile giapponese è cambiato in modo significativo dopo la seconda guerra mondiale. Prima delle riforme degli anni ’40, alle donne non era consentito possedere proprietà, votare, chiedere il divorzio o ereditare una tenuta di famiglia. Le donne dipendevano dal patriarca della loro famiglia, che fosse il padre, il marito o il figlio maggiore. Infatti, la parola giapponese per “vedova” è mibojin, “quella non ancora morta“, il che implica che avrebbe dovuto morire con il marito e che ora aspetta la propria fine. Esiste ancora un codice legale che richiede ai parenti, sia di sangue che per matrimonio, di estendere il sostegno a un’altra persona in determinate condizioni. Se una moglie vive con i suoceri, è obbligata a sostenerli finanziariamente e, ancor di più, se la famiglia presenta una richiesta legale. Sebbene le donne si siano notevolmente emancipate rispetto ad alcuni decenni fa, ci sono stereotipi culturali difficili da estirpare.

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Soprattutto le generazioni più anziane ritengono ancora che la donna “si sposi” con la famiglia del marito e che sia socialmente o legalmente obbligata a prendersi cura dei membri della sua famiglia. Con il divorzio postumo le donne si riappropriano della propria vita, sacrificata durante la vita di coppia in nome della tradizione e delle convenzioni sociali.

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