Una recente scoperta ha rivelato che una piccola felce della Nuova Caledonia, Tmesipteris oblanceolata, possiede il genoma più grande del mondo, superando tutti i record precedenti. Questo risultato è frutto del lavoro congiunto dei ricercatori dei Royal Botanical Gardens di Kew e dell’Institut Botànic de Barcelona. Il genoma di Tmesipteris oblanceolata è 50 volte più lungo di quello umano e il 7% più lungo di quello della precedente detentrice del record, Paris japonica.
Questa felce ha 416 cromosomi per cellula, in confronto ai 23 degli esseri umani. Se il suo DNA fosse srotolato, supererebbe in altezza il Big Ben di Londra. Con 168 gigabase di coppie di basi, il genoma della Tmesipteris oblanceolata è un vero colosso nel regno vegetale. Per confronto, il genoma più piccolo conosciuto appartiene al fungo Encephalitozoon intestinalis, con solo 2,6 megabase.
Il dottor Ilia Leitch, ricercatore senior di Kew, ha sottolineato come questa scoperta metta in luce l’eccezionale diversità genetica delle piante e l’importanza di valorizzare la biodiversità globale. Tuttavia avere un genoma così grande non è sempre un vantaggio. Genomi più grandi richiedono più risorse per la replicazione, la riparazione e la trascrizione del DNA e necessitano di cellule più grandi per ospitarli. Questo potrebbe spiegare perché specie con genomi molto grandi siano più a rischio di estinzione, poiché organismi con strutture più semplici tendono a sopravvivere meglio nel lungo termine.
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La Tmesipteris oblanceolata cresce sul terreno o su tronchi d’albero in decomposizione, e la sua complessità genetica solleva molte domande riguardo ai limiti superiori della complessità genetica e alla biologia delle piante. Questa scoperta contribuisce alla comprensione del “paradosso del valore C”, un fenomeno che ha incuriosito i biologi per oltre mezzo secolo. Il paradosso del valore C si riferisce alla mancanza di correlazione diretta tra la quantità di DNA e la complessità di un organismo.
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