I gatti ti giudicano anche se respiri, ma possono essere dei veri terapeuti
- I gatti possono essere terapeuti efficaci, grazie a tratti come socievolezza, tolleranza al contatto e desiderio di interazione
- Lo studio ha coinvolto centinaia di gatti in Belgio, dimostrando che alcuni felini condividono qualità tipiche dei cani da terapia
- La razza non è un fattore determinante, ma conta la personalità individuale del gatto
- La terapia felina è più diffusa in Europa, mentre negli Stati Uniti il concetto è ancora poco esplorato
- Ulteriori studi sono necessari per garantire il benessere dei gatti e comprendere meglio il loro ruolo nella pet therapy
Per anni, i cani da terapia hanno regnato incontrastati nel vasto impero dei servizi assistiti da animali (AAS), distribuendo coccole, bava e conforto emotivo a chiunque ne avesse bisogno. Ma attenzione: all’orizzonte si profila una nuova, silenziosa, e soprattutto giudicante forza della natura. I “gatti terapeuti“.
Sì, proprio il gatto. Quell’essere misterioso che ti sveglia alle quattro del mattino per un croccantino fuori orario e che, mentre piangi disperato, ti guarda con l’espressione tipica di chi si chiede se tu sia davvero degno del suo tempo. Ebbene, un nuovo studio suggerisce che questi piccoli despoti pelosi potrebbero anche volerci bene. A modo loro, ovviamente.
Lo studio belga-americano
Pubblicato sulla rivista Animals, lo studio è stato condotto dalla professoressa Patricia Pendry della Washington State University, in collaborazione con un team di ricercatori belgi. Ecco cosa hanno fatto: hanno sottoposto centinaia di gatti belgi a una valutazione comportamentale standardizzata (immaginiamo la reazione dei gatti alla parola “test”: sdegno e disprezzo, ovviamente). Obiettivo? Scoprire se tra loro si nascondano candidati ideali per la pet therapy.
Spoiler: sì, ci sono. E non sono pochi. I gatti coinvolti in programmi AAS hanno dimostrato tratti sorprendentemente “canini”: alta socievolezza, voglia di interagire, tolleranza al contatto fisico e – incredibile ma vero – disponibilità a essere presi in braccio senza evocare spiriti maligni o artigliare chi osa avvicinarsi.
“La gente pensa che i gatti non siano adatti a questo tipo di lavoro”, spiega Pendry. “In realtà, alcuni sembrano proprio godersela”. E certo. Cosa c’è di meglio per un gatto che starsene comodo in grembo, ricevere carezze e attenzioni, e magari anche un paio di snack, il tutto con l’aura di chi concede la sua presenza?
Un punto interessante dello studio: i ricercatori non hanno trovato correlazioni significative tra razza e attitudine alla terapia. Dunque no, non solo i Ragdoll o i Maine Coon possono essere terapeutici. Anche il tuo anonimo meticcio tigrato che dorme venti ore al giorno potrebbe avere un futuro da operatore sanitario.
In Belgio sono una realtà
Se ti stai chiedendo dove tutto questo stia già succedendo, la risposta è: Europa. In Belgio, per l’esattezza, dove i gatti stanno diventando sempre più protagonisti nei programmi di pet therapy. Una scelta sensata, considerando che non tutti trovano conforto in un cane esagitato che ti salta addosso con l’entusiasmo di un fan a un concerto.
Al contrario, la presenza silenziosa e non invadente di un gatto può offrire un sollievo emotivo più… sofisticato. Certo, ti fissa come se sapesse esattamente dove hai sbagliato nella vita, ma lo fa mentre fa le fusa. Una forma di sostegno passivo-aggressivo, ma pur sempre efficace.
Negli Stati Uniti, invece, l’idea di una “therapy cat” fatica ancora a farsi largo. Forse è una questione culturale, o forse i terapisti americani non sono pronti ad accettare consigli da una creatura che ti guarda con aria di superiorità mentre ti consola.
Pendry però avverte: non tutti i gatti sono tagliati per questo ruolo. E non esiste un percorso di addestramento standard, come accade per i cani. I gatti terapeuti sembrano semplicemente nati per essere così: adorabili, enigmatici e incredibilmente selettivi con chi meritano di aiutare.
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Terapia felina: una risorsa (ancora) sottovalutata, ma con grande potenziale… se il gatto è d’accordo
Nonostante i risultati promettenti, i ricercatori raccomandano cautela. C’è ancora molto da capire: questi tratti sono innati o si sviluppano nel tempo? E soprattutto: come garantire il benessere del gatto senza trasformarlo in un peluche a ore?
Per ora, i gatti terapeuti restano un fenomeno di nicchia, soprattutto negli Stati Uniti. Ma con studi come questo e una crescente consapevolezza, è probabile che presto vedremo più felini affiancare i colleghi canini nei corridoi degli ospedali, nelle scuole e nei centri di supporto psicologico. Sempre che loro lo vogliano.
“Non vogliamo forzare i gatti a fare terapia”, chiarisce Pendry. “Ma riconoscere che alcuni di loro la fanno già – spontaneamente – è importante”. E se c’è un animale in grado di trasformare l’arte del non fare nulla in una professione d’aiuto… beh, è sicuramente un gatto.

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Questo articolo è stato verificato con:
- https://news.wsu.edu/press-release/2025/03/16/feline-therapy-study-suggests-cats-could-fill-an-assistive-niche/
- http://dx.doi.org/10.3390/ani15010033
- https://www.sciencedaily.com/releases/2025/03/250318141255.htm