Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos Biology ha svelato una funzione del pianto a dir poco incredibile. Sappiamo bene che piangere, per i neonati, è una forma di comunicazione attraverso cui esprimono i propri bisogni più immediati ai genitori. Eppure, gli scienziati hanno scoperto che le lacrime hanno un ulteriore scopo evolutivo altrettanto importante: proteggerci dalle aggressioni. Per verificare la loro ipotesi di ricerca, gli studiosi hanno condotto un esperimento durante il quale sono state raccolte le lacrime di diverse donne, con un’età compresa tra i 20 e i 25 anni, prelevate mentre guardavano dei film tristi.
Dopodiché, a un campione di 31 maschi sono state fatte annusare, in un caso, le lacrime raccolte e, nell’altro, una soluzione salina inodore. In seguito, i partecipanti hanno giocato a un videogame spesso utilizzato negli esperimenti psicologici con lo scopo di aumentare l’aggressività. Il risultato del test? Coloro che avevano annusato le lacrime femminili manifestavano un comportamento meno violento del 43,7 per cento rispetto ai volontari che avevano odorato la soluzione salina.
Anche la risonanza magnetica a cui sono stati sottoposti i partecipanti all’esperimento ha confermato l’incredibile effetto delle lacrime, evidenziando una minore attività delle reti neurali collegate all’aggressività.
Noam Sobel, neurobiologo del Weizmann Institute of Science di New York e coautore dello studio, ha spiegato che le lacrime “sono una sorta di scudo chimico che offre protezione contro le aggressioni e questo effetto è comune ai roditori, agli esseri umani e forse anche ad altri mammiferi”. Anche in altri animali, infatti, è stata osservata la stessa funzione di protezione delle lacrime.
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Nei ratti talpa, ad esempio, i maschi sottomessi si ricoprono di queste secrezioni così da evitare gli attacchi da parte degli esemplari dominanti del branco. Il neurobiologo ha poi proseguito: “Sapevamo già che annusare le lacrime abbassa il testosterone e che ciò ha un effetto maggiore sull’aggressività negli uomini che nelle donne“. Ora il prossimo obiettivo degli scienziati è quello di approfondire le differenze tra il pianto dei neonati e quello degli adulti, per capire se abbiano scopi differenti.
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