Ci sono persone che sembrano nate per inciampare. Non importa quanto si impegnino, puntualmente si ritrovano lì, al punto di partenza, con una lunga lista di obiettivi mancati e giustificazioni che farebbero invidia a un libro di barzellette. Ma cosa si nasconde dietro questa epica incapacità di arrivare al traguardo?
La psicologia offre molte risposte, alcune persino sensate. Tuttavia, siccome siamo tutti un po’ masochisti e ci piace affondare il coltello nella piaga, analizzeremo i motivi con un pizzico d’ironia. Dopotutto, se non possiamo raggiungere il successo, almeno possiamo ridere delle nostre disgrazie.
Quante volte ci troviamo a dire: “Questa volta sarà diverso”? E quante volte, invece, mettiamo in atto i soliti schemi distruttivi? L’autosabotaggio è quel simpatico meccanismo che ti fa inciampare sulle tue stesse scarpe, ma con classe. Non è tanto il destino avverso, ma una vera e propria inclinazione a crearsi ostacoli immaginari.
Pensa a quelle occasioni in cui hai deciso di non inviare un curriculum perché “tanto non mi prendono” o di mollare un progetto perché “non sarà mai perfetto”. Questo atteggiamento ti tiene lontano dal rischio, ma anche da qualsiasi forma di progresso. È una trappola mentale così raffinata che potrebbe vincere un premio per l’originalità.
Se l’autosabotaggio è il nemico interno, la paura del fallimento è il mostro sotto al letto. È il timore che, tentando qualcosa di nuovo, potremmo scoprire di non essere all’altezza. Paradossalmente, per evitare questa umiliazione, scegliamo di restare immobili, confermando così la nostra incapacità.
Qui la logica è brillante: “Non rischio di fallire se non ci provo nemmeno”. Certo, ma non rischi nemmeno di avere successo. Intanto, però, ti culli nell’idea che “se solo avessi provato, avrei sicuramente sfondato”.
A proposito di scuse geniali, ecco quella del perfezionista. Non importa quanto sia buono il risultato, “si poteva fare di meglio”. Così, mentre tutti finiscono il lavoro e vanno avanti, il perfezionista si perde nei dettagli, procrastina, smonta e rimonta finché il progetto non si autodistrugge.
Questo approccio non solo blocca il progresso, ma nutre anche un senso di insoddisfazione cronica. Invece di celebrare i successi, il perfezionista si concentra sulle imperfezioni, condannandosi a vivere nell’ombra del “non abbastanza”.
Come puoi raggiungere una meta se non sai dove andare? Questo è il destino di chi vive alla giornata, sperando che le cose “si aggiustino da sole”. La mancanza di obiettivi specifici è come navigare senza mappa: puoi anche andare avanti, ma è più probabile che ti ritrovi in un pantano piuttosto che sulla strada giusta.
Stabilire traguardi realistici e misurabili non è solo utile, è necessario. Altrimenti, ogni piccolo imprevisto diventa una scusa per mollare tutto e tornare al punto di partenza.
Infine, c’è chi usa l’ironia come armatura. Affrontare i propri limiti è doloroso, quindi meglio scherzarci su. L’umorismo diventa un meccanismo di difesa che permette di sminuire problemi importanti. “Ah, non sono bravo in questo? Ma tanto chi vuole esserlo?”
Ironizzare su tutto è divertente, ma può diventare una trappola. Se usata eccessivamente, l’ironia impedisce una reale introspezione e, di conseguenza, la possibilità di cambiare davvero.
In sintesi, se riconosci uno o più di questi comportamenti, congratulazioni: hai trovato la causa dei tuoi problemi! Ora, la domanda è: vuoi continuare a ridere di te stesso o hai il coraggio di cambiare?
Se scegli la seconda opzione, allora forse c’è speranza. Ma se opti per la prima, beh, almeno sarai in ottima compagnia.
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