Fonte: Pexels
Nel 2023 Krystena Murray ha vissuto un’esperienza che mai avrebbe immaginato. Dopo aver ricevuto un trattamento di fertilizzazione in vitro (IVF) presso la Coastal Fertility Clinic, la donna bianca ha ricevuto la notizia di essere finalmente incinta. Nonostante l’iniziale felicità, la sua gioia si è trasformata presto in angoscia quando, alla nascita del bambino a dicembre dello stesso anno, ha scoperto che il piccolo non aveva le caratteristiche genetiche della sua famiglia. Nonostante avesse scelto un donatore di sperma bianco, il bambino era di origine africana, un’irregolarità che ha sollevato dubbi e confusione.
La conferma della scoperta è arrivata attraverso un test del DNA che ha evidenziato che Krystena non era geneticamente legata al bambino. La donna ha avvertito subito la clinica, ma ha deciso comunque di prendersi cura del bambino per alcuni mesi, sviluppando un forte legame affettivo con lui. La situazione è cambiata drasticamente quando i genitori biologici del bambino hanno fatto causa per ottenere la custodia. Nonostante il forte legame emotivo che Krystena aveva creato con il piccolo, il suo legale ha suggerito che la sua possibilità di ottenere la custodia fosse minima.
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Alla fine Krystena ha ceduto alla richiesta dei veri genitori, rinunciando alla custodia del bambino che aveva amorevolmente cresciuto. Questo dramma emotivo ha sollevato interrogativi sul funzionamento delle cliniche di fertilità e sulla sicurezza dei trattamenti IVF. La Coastal Fertility Clinic ha ammesso l’errore, ma ha sottolineato che si trattava di un episodio isolato e che erano state adottate nuove misure per prevenire simili disguidi in futuro. Questa vicenda ha portato alla luce le complessità e le sfide emotive che possono sorgere nel processo di fertilizzazione assistita, sollevando preoccupazioni su come gestire tali errori e le implicazioni legali e affettive che ne derivano.
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