Verso la fine del II sec. d.C. l’Impero Romano attraversò un periodo di violenti tumulti. Dopo la morte dell’imperatore Commodo, assassinato dai suoi nemici, seguì il regno di Pertinace, che durò solo 86 giorni: anche lui trovò la morte per mano dei nemici.
La sua successione al trono fu decisa in maniera curiosa. I pretoriani che dovevano appoggiare nuovo imperatore, misero di fatto l’Impero all’asta al miglior offerente. I candidati al trono erano da una parte Tito Flavio Sulpiciano e dall’altra Dido Giuliano. Entrambi fecero le loro offerte rilanciando ogni volta, mentre i pretoriani valutavano i vantaggi che avrebbero ottenuto.
Casso Dione narrò così la vicenda: «Sulpiciano era in procinto di vincere, visto che era dentro l’accampamento ed era il prefetto della città e fu il primo a promettere 20.000 sesterzi, se non che Giuliano alzò la sua offerta non di una piccola quantità, ma di 5000 in una sola volta, sia gridando con una forte voce sia indicando la quantità con le dita». Giuliano per aggiudicarsi il trono offrì cifre spropositate: 25.000 sesterzi per ogni pretoriano (equivalenti a circa 8 anni di paga).
«Così i soldati, affascinati da questa offerta eccessiva e, allo stesso tempo temendo che Sulpiciano potesse vendicare Pertinace (un’idea che Giuliano mise in testa ai pretoriani), ricevettero Giuliano entro l’accampamento e lo dichiararono imperatore».
Giuliano era un uomo di notevole ricchezza, ma gli mancava l’esperienza militare o l’acume politico tipicamente associati a un imperatore. La nomina aveva calpestato la tradizione di basarsi sul valore e sul merito per la scelta dell’Imperatore e creò malcontento in tutto l’Impero. La legittimità di Giuliano al trono fu messa in discussione fin da subito e l’imperatore era considerato un burattino della guardia pretoriana, un usurpatore del titolo.
Giuliano si dimostrò del tutto incapace di governare il vasto Impero Romano. Non avendo le competenze e l’autorità necessarie, non fu in grado di sedare i crescenti disordini che nascevano nelle varie province. Nel frattempo, ambiziosi generali come Settimio Severo in Pannonia, videro nella sua incompetenza un’opportunità per prendere il potere.
Il generale marciò su Roma con le sue legioni e i pretoriani, rendendosi conto che non potevano più sostenere l’imperatore impopolare, lo abbandonarono. Il Senato, desideroso di prendere le distanze dal sovrano caduto in disgrazia, lo condannò a morte. Il suo regno durò poco più di due mesi, dal 28 marzo al 1º giugno del 193 d.C.
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Dido Giuliano è ricordato come emblema della decadenza morale e politica dell’Impero Romano in cui la carica di Imperatore, una volta espressione di valori nobili, era diventata il risultato di una vendita di un’asta. Con la morte di Giuliano seguirono anni di tumulti e guerre civili da cui Settimio Severo uscì vittorioso, inaugurando una nuova dinastia e un periodo di relativa stabilità per l’Impero.
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