Ormai sappiamo bene quanto la sfera lavorativa possa rivelarsi fonte di stress e disagio psicologico per numerosissime persone. Tra i problemi a cui si può andare incontro c’è il tristemente noto burnout. Si tratta di una sindrome causata dall’eccessivo stress lavorativo che porta all’esaurimento delle proprie risorse psico-fisiche, determinando l’insorgenza di disturbi che riguardano sia il piano mentale che quello corporeo.
Tra le cause del burnout c’è un fenomeno che si sta diffondendo in maniera preoccupante: l’overemployment. Questo termine, proveniente dall’inglese, indica l’abitudine di svolgere due o più lavori per guadagnare un maggior quantitativo di denaro. Secondo le stime, questa tendenza è in aumento, soprattutto tra i professionisti del settore IT che sono soliti lavorare in smart working. Proprio la possibilità di svolgere più mansioni da remoto offrirebbe le perfette condizioni organizzative per dedicarsi a tante attività, così da percepire uno stipendio altissimo. L’obiettivo principale, infatti, è quello di arricchirsi. Basti pensare che, secondo alcune testimonianze, c’è chi arriva a guadagnare persino 7.000 euro l’anno. Qual è, però, il prezzo da pagare per l’overemployment?
Aumentare vertiginosamente il proprio reddito facendo più lavori, sulle prime, può sembrare allettante. Eppure, occorre considerare il tempo da dedicare alla sfera professionale. Generalmente, infatti, le persone sovraoccupate tendono a lavorare tra le 12 e le 14 ore al giorno. Va da sé, dunque, che l’overemployment sia tutt’altro che una pratica sana e sicura.
Gestire due o più lavori a tempo pieno, infatti, potrebbe facilmente rivelarsi impossibile dal punto di vista organizzativo, oltre che fisico e mentale. Senza contare tutto ciò che le persone sacrificano, trascorrendo così tanto tempo a lavorare.
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Va da sé che la qualità della loro vita sia decisamente bassa, con risvolti negativi sulla salute mentale, oltre che sulle relazioni interpersonali. D’altra parte, anche sul fronte professionale le cose potrebbero crollare da un momento all’altro: lavorare così tanto e così a lungo finirebbe per renderci stanchi, improduttivi e frustrati, mettendo a rischio tutti gli impieghi svolti. Del resto, non dovremmo dimenticare che siamo esseri umani, non macchine.
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