Molte console di videogiochi degli ultimi decenni sono dei classici che fanno scendere una lacrimuccia ogni volta che li si vede per tutti i ricordi ad esse collegate. Tuttavia ci sono anche i casi opposti, ovvero quelle che non piacevano a nessuno all’epoca e che non piacciono nemmeno ora, tanto da risultare dei veri e propri fallimenti. Partiamo dal Sega 32X che non era una console indipendente, ma un componente aggiuntivo per il Sega Genesis.
Prometteva di portare i giochi a 32 bit sulla console originariamente a 16 bit. Ma il 32X non aveva molto da offrire. I miglioramenti grafici e audio apportati erano al massimo marginali. Inoltre non aveva molti giochi, quindi per i giocatori era difficile giustificare l’investimento (peraltro piuttosto economico). Ma l’errore peggiore di tutti fu che il Sega Saturn, la console indipendente a 32 bit di Sega, era già uscito in Giappone al momento del lancio del 32X. In sostanza, Sega realizzò un prodotto inferiore che cercava di competere con il proprio sistema.
Abbiamo poi l’Apple Bandai Pippin, sviluppato insieme al gigante giapponese dei giocattoli e dei giochi Bandai. Basato sull’architettura Mac, il Pippin doveva essere più di una console per videogiochi. Nelle intenzioni di Apple, doveva diventare il punto di riferimento per tutte le esigenze di intrattenimento domestico: TV, giochi e persino Internet. Ma il Pippin non faceva nulla di tutto ciò. Aveva pochissimi giochi e la navigazione in Internet su una console per videogiochi della metà degli anni ‘90 era scomoda nel migliore dei casi e impossibile nel peggiore. Inoltre l’apparecchio costava 599 dollari, un prezzo ridicolo per l’epoca. Non per nulla quando Steve Jobs tornò alla Apple nel 1997, una delle prime cose che fece fu quella di eliminare il Pippin.
Altra nota di demerito va al Philips CD-I. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, Nintendo stava lavorando con diverse aziende a una versione del Super Nintendo basata su CD. Uno dei partner era Philips. Il progetto finì per fallire, così Philips trasformò il suo componente aggiuntivo per SNES in una propria console di gioco. I contatti con Nintendo diedero loro anche la licenza per alcuni titoli Nintendo, come Mario e Zelda. Come l’Apple Pippin, il CD-I fu commercializzato come una stazione di intrattenimento completa. Ma non faceva niente di buono, era costoso e ingombrante e i pochi giochi che aveva erano pessimi. Di contro Nintendo collaborava anche con Sony, che decise anch’essa di portare avanti un progetto chiamato PlayStation. Forse ne avete sentito parlare.
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Infine il Nintendo Virtual Boy. Nel 1995 Nintendo aveva provato ad entrare nella realtà virtuale da sempre. Purtroppo, il prodotto immesso sul mercato non era nemmeno completamente finito. Il Virtual Boy era uno scherzo del design, in quanto era più simile a un paio di occhiali che davano l’impressione di uno spazio tridimensionale. Ma l’oggetto iniziava a sforzare gli occhi nel giro di pochi minuti e veniva persino avvertito che poteva causare danni alla vista. Lo schermo monocromatico rosso e nero, dall’aspetto orribile, non aiutava di certo. In più il Virtual Boy ottenne solo 22 giochi, nessuno dei quali particolarmente memorabile. Ecco perché la console è esistita solo per un anno.
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