Comunicazione non violenta: perché è utile e come praticarla

Tutti i danni della violenza verbale

 

La forma più manifesta di violenza è quella fisica. Del resto, risulta facilmente riconoscibile per le sue manifestazioni esplosive e le conseguenze visibili. Eppure, ci sono soprusi più sottili che, spesso, le persone non riconoscono come forme di violenza. Pensiamo, ad esempio, alla comunicazione. Di solito, si tende a ritenere che ciò che viene detto non abbia un impatto tanto significativo sugli altri, rifugiandosi dietro la ben nota scusante che sono solo parole.

Al contrario, la violenza può insidiarsi anche nella dimensione verbale, attraverso l’uso di un linguaggio esplicitamente aggressivo o indirettamente abusante. Senza contare, inoltre, l’importanza di ulteriori aspetti della comunicazione, tra cui il tono della voce, le espressioni del viso, la gestualità e tutti quei comportamenti paraverbali in grado di veicolare messaggi pur senza esprimerli a parole. La violenza verbale può contribuire a costruire, rinsaldare o distruggere l’autostima; per questo, dovremmo prestare la massima attenzione alle nostre modalità di comunicare con gli altri.

Come praticare la comunicazione non violenta

La comunicazione non violenta promuove l’uso delle parole intese non come armi di distruzione, ma come strumenti volti a esprimere sentimenti e bisogni. Questa modalità comunicativa rifugge il giudizio ed è basata sull’empatia. L’atto di sentenziare sulle vite altrui ergendosi sul pulpito ha più a che fare con noi che con gli altri: spesso, infatti, si tratta di un modo per liberarci di tutto ciò che ci spaventa o che non accettiamo di noi. Rifugiandoci dietro il giudizio morale e riversando ciò che riteniamo intollerabile su chi ci circonda, ci liberiamo di quello che ci appare sbagliato e indesiderato. Per praticare la comunicazione non violenta, dunque, è indispensabile in primo luogo imparare ad ascoltarci.

Prestare attenzione alle proprie istanze interiori, senza giudicarle o reprimerle, ci aiuterà ad accettare noi stessi e gli altri. Ciò non significa che dovremo diventare acritici, ma che sarebbe preferire dar voce a un disagio senza procedere per assoluti. Ad esempio, se abbiamo notato che una persona a noi vicina tende ad avere eccessi di ira, anziché dire a bruciapelo “Sei sempre arrabbiato e insoddisfatto”, potremo comunicare di aver notato negli ultimi tempi questo stato d’animo in determinati momenti della giornata, accompagnandolo ad esempi che aiutino l’altra persona a comprendere nello specifico a cosa ci riferiamo.

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Inoltre, manifestare il modo in cui la rabbia dell’altro influisce sui nostri sentimenti impronterà la discussione verso la comprensione e l’empatia, anziché improntarla sul rimprovero e sul giudizio. Infine, cercare di aprirsi all’altro offrendo il proprio sostegno per capire come gestire il problema può essere una strategia costruttiva e propositiva per rinsaldare il proprio legame e mostrare vicinanza.

 

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