La Rinconada, arroccata a più di 5.100 metri sulle Ande peruviane, è una località affascinante ma allo stesso tempo inquietante, considerata la città più alta del mondo. La sua notorietà deriva principalmente dai vasti giacimenti d’oro che attirano incessantemente persone in cerca di fortuna. Tuttavia, la vita qui è ben lontana dalle illusioni di ricchezza e prosperità.
Questa località è spesso definita uno dei luoghi più inospitali del pianeta. Gli abitanti si confrontano con temperature gelide e un’atmosfera rarefatta, che presenta un contenuto di ossigeno ridotto del 50% rispetto ai livelli normali. Coloro che giungono da regioni più basse sono frequentemente colpiti da mal di montagna, che può avere conseguenze gravi per la salute. Nonostante queste difficoltà, la gente continua a migrare verso Rinconada, alimentata dalla speranza di fare fortuna.
La realtà quotidiana dei residenti è anche segnata da gravi carenze igienico-sanitarie. Le strade sono ingombre di rifiuti e non esiste un sistema di gestione dei rifiuti. Le acque della zona sono contaminate da metalli pesanti come mercurio e cianuro, utilizzati nei processi di estrazione dell’oro. In questo contesto, l’assenza di accesso a acqua potabile sicura, energia elettrica e reti fognarie adeguate contribuisce a un’alta incidenza di malattie polmonari e respiratorie, mentre l’aspettativa di vita media si attesta intorno ai 30-35 anni, un dato drammaticamente basso rispetto al resto del Perù.
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La criminalità rappresenta un altro aspetto preoccupante della vita a Rinconada. Le bande locali controllano l’accesso alle miniere e sfruttano i minatori, i quali, attraverso un sistema chiamato “cachureo”, lavorano senza compenso per 30 giorni, sperando di ottenere una quota di oro solo al 31° giorno. Questo ciclo di sfruttamento perpetua la disperazione e l’illusione di ricchezza, creando un contesto in cui la vita umana e l’ambiente naturale sono entrambi sacrificati in nome del profitto.
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