Guardare un film è molto più di un’esperienza passiva: il nostro cervello si attiva in modo complesso, coinvolgendo ben 24 circuiti cerebrali differenti. Lo ha dimostrato uno studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), che per la prima volta ha mappato l’attività cerebrale durante la visione di film come Inception, The Social Network e Mamma ho perso l’aereo. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), i ricercatori hanno monitorato l’attività cerebrale di 176 volontari mentre guardavano brevi spezzoni di film, individuando una varietà di risposte neurali legate al contenuto delle scene.
Le reti cerebrali attivate includono quelle responsabili del riconoscimento di volti e corpi, del movimento, del linguaggio e delle interazioni sociali. Ad esempio, scene con dialoghi intensi stimolano aree legate all’elaborazione linguistica, mentre scene ricche di azione coinvolgono circuiti responsabili dell’analisi del movimento. Tuttavia, quando le scene diventano più complesse o ambigue, il cervello attiva aree di controllo esecutivo che aiutano a risolvere problemi, pianificare e gestire le informazioni più rilevanti. Questo equilibrio dinamico, noto come relazione “push-pull”, permette al cervello di adattarsi alle esigenze cognitive del momento.
Lo studio ha rivelato che, durante scene semplici e lineari, le regioni specializzate svolgono la maggior parte del lavoro. Al contrario, nelle scene più difficili da interpretare, queste regioni diminuiscono la loro attività, mentre aumentano quelle delle reti di controllo generale. Questo suggerisce che il cervello utilizza un sistema flessibile per adattarsi alla complessità delle informazioni visive e narrative. Le implicazioni di queste scoperte vanno oltre la comprensione della visione cinematografica. Mappare le reti cerebrali durante esperienze naturali come la visione di un film potrebbe offrire nuove prospettive per studiare disturbi neurologici e psichiatrici.
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Ad esempio, comprendere come queste reti interagiscono in un cervello sano potrebbe aiutare a identificare le disfunzioni che si verificano in condizioni patologiche. In futuro analizzare le mappe cerebrali individuali potrebbe consentire ai ricercatori di correlare specifici profili comportamentali con modelli neurali, aprendo la strada a trattamenti personalizzati e a una migliore comprensione del funzionamento del cervello umano.
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