Fonte; Wikimedia
Ogni anno, una città del Belpaese viene insignita del titolo di capitale italiana della cultura da parte del Ministero della Cultura. La finalità di questa iniziativa consiste nel valorizzare il territorio, promuovendone il patrimonio artistico e culturale. Recentemente, una commissione di esperti ha nominato la città che, nel 2027, riceverà l’onere e l’onore derivanti da questo importante titolo.
Si tratta di Pordedone, che è stata proclamata capitale italiana della cultura dopo aver battuto altre nove finaliste: Alberobello, Brindisi e Gallipoli (Puglia), Pompei e Sant’Andrea di Conza (Campania), Aliano (Basilicata), La Spezia e Savona (Liguria), Reggio Calabria (Calabria). Il progetto presentato dalla città friulana si è contraddistinto per innovazione e inclusività. In particolare, la giuria ha apprezzato le proposte di valorizzare il patrimonio storico e culturale locale, attraverso l’uso di nuove tecnologie in grado di sfruttare tutte le potenzialità della contemporaneità, al fine di coniugare passato e presente in un connubio perfetto.
La commissione è stata particolarmente colpita dal coinvolgimento attivo della comunità nel processo di candidatura. Mediante un approccio partecipativo, cittadini, associazioni e istituzioni si sono unite e hanno collaborato insieme per la realizzazione del progetto. Nel processo creativo, in particolare, i giovani hanno svolto un ruolo chiave.
Cosa possiamo aspettarci dalle straordinarie proposte che sono valse a Pordenone il titolo di capitale italiana della cultura 2027? Secondo le anticipazioni, ad attenderci ci sarà un programma ricco e articolato, che si svilupperà per tutto l’anno attraverso proposte interessanti e diversificate. Proprio la varietà costituisce uno dei suoi punti di forza principali, poiché consente di attrarre un pubblico ampio ed eterogeneo.
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Le reazioni entusiaste della comunità non hanno tardato a palesarsi. Il sinsaco di Pordenone, Alberto Parigi, ha dichiarato: “Siamo pronti a sorprendere l’Italia. Questo titolo ci permetterà di uscire dal cono d’ombra e di svelare la nostra identità, fatta non solo di capannoni industriali, ma di una comunità che combina cultura e impresa, cultura e lavoro“.
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