Viviamo in un’epoca in cui il lavoro incessante è spesso considerato un segno di successo e prestigio. La società moderna sembra aver adottato un culto del lavoro che mette il profitto e l’impegno professionale al di sopra di tutto, trasformando l’ozio in un concetto quasi inaccettabile. Questa mentalità ha portato a conseguenze significative, tra cui il fenomeno del burnout, un problema che sta acquisendo sempre più rilevanza sia in Giappone, dove il termine “karōshi” indica la morte dovuta a eccessivo lavoro, sia in Italia, dove il 35% della popolazione riferisce di averne sofferto.
Il burnout è una condizione complessa che coinvolge un esaurimento totale, non solo fisico, ma anche emotivo e mentale, spesso causato da livelli di stress prolungati e insostenibili. Questa sindrome non solo compromette la salute dei lavoratori, ma ha anche un impatto diretto sulle loro performance professionali. Tuttavia, anziché affrontare il problema in modo diretto, la nostra cultura ha sviluppato un modo di vantarsi dell’essere sempre impegnati, noto come “busy bragging”. È diventato comune sentire colleghi lamentarsi delle proprie responsabilità, ma questa costante esposizione allo stress è erroneamente vista come un segno di competenza.
Un’indagine condotta dall’Università della Georgia ha rivelato che coloro che si lamentano frequentemente del loro stato d’animo o delle loro pressioni lavorative tendono a essere percepiti come meno capaci dai loro colleghi. Questo comportamento può creare un ambiente di lavoro tossico, dove il burnout diventa una condizione diffusa e accettata piuttosto che un’eccezione. Al contrario ci sono filosofie di vita che incoraggiano il riposo come parte essenziale del benessere. Un esempio è il niksen, una pratica olandese che promuove momenti di inattività senza il bisogno di produrre. Sebbene possa apparire controintuitivo in una cultura che esalta la produttività, i benefici del riposo programmato sono ben documentati.
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Ricerche dimostrano che pause regolari non solo migliorano la produttività, ma riducono anche i livelli di ansia. Per migliorare la qualità della vita lavorativa e il benessere mentale, è fondamentale che le aziende implementino politiche che favoriscano il recupero e la salute psicologica. A livello individuale, è necessario che ognuno di noi riconosca l’importanza di dare priorità alla propria salute mentale. Solo così potremo creare un ambiente lavorativo più soddisfacente e produttivo, allontanandoci dalla cultura del burnout e abbracciando un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata.
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