Anche i Romani facevano uso di allucinogeni: la scoperta (ovviamente olandese)

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Anche i Romani facevano uso di allucinogeni: la scoperta (ovviamente olandese)

| 07/03/2024
Fonte: Pexels

Usavano semi velenosi

  • Una recente scoperta archeologica nei Paesi Bassi ha rivelato l’uso antico di semi velenosi, in particolare del giusquiamo nero, da parte dei Romani a Houten-Castellum
  • I semi di giusquiamo nero erano conservati accuratamente all’interno di un osso scolpito, sigillato con un tappo di corteccia di betulla nera, datato tra il 70 e il 100 d.C.
  • Lo studio condotto dalla zooarcheologa Maaike Groot presso la Libera Università di Berlino ha evidenziato l’apprezzamento dei Romani per le proprietà medicinali ed allucinogene del giusquiamo nero
  • Questo ritrovamento rappresenta il primo caso documentato di semi conservati deliberatamente per un uso futuro nell’Impero Romano
  • La scoperta contribuisce al dibattito sulla distinzione tra piante presenti naturalmente nei siti archeologici e quelle utilizzate intenzionalmente dagli esseri umani, offrendo nuove prospettive sulle pratiche mediche e sulle conoscenze delle piante tossiche nell’Impero Romano

 

La recente scoperta archeologica in Olanda presso Houten-Castellum ha rivelato un uso antico di semi velenosi, specificamente appartenenti al giusquiamo nero (Hyoscyamus niger), da parte dei Romani. Questo ritrovamento offre nuove prospettive sull’impiego di piante tossiche nell’Impero Romano, evidenziando la conservazione di tali semi all’interno di un osso scolpito a fini medicinali e allucinogeni. Fino al 2017, non esistevano prove concrete dell’utilizzo di piante tossiche come il giusquiamo nero nell’antichità romana.

Il recente studio condotto dalla zooarcheologa Maaike Groot presso la Libera Università di Berlino ha evidenziato come i Romani apprezzassero il giusquiamo nero per le sue proprietà medicinali ed i suoi effetti allucinogeni. La particolarità del ritrovamento risiede nel modo in cui i semi erano accuratamente collocati all’interno di un osso di 7,2 centimetri, sigillati con un tappo di corteccia di betulla nera. La datazione dell’oggetto colloca il reperto tra il 70 e il 100 d.C., rappresentando il primo caso documentato di semi conservati deliberatamente per un uso futuro nell’Impero Romano.

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Ci sono testimonianze anche nella letteratura classica

Il ritrovamento offre una prova inconfondibile dell’uso consapevole dei semi di giusquiamo nero nei territori olandesi durante l’epoca romana. Questo supporta le testimonianze presenti nella letteratura classica, come quelle di Plinio il Vecchio, che menzionava i semi di questa pianta come induttori di “pazzia e vertigini”. La scoperta contribuisce significativamente al dibattito su come distinguere tra piante presenti nei siti archeologici in modo naturale e quelle utilizzate intenzionalmente dagli esseri umani. Rivela l’attenzione e la consapevolezza dei Romani nel conservare tali sostanze potenzialmente pericolose all’interno di fiale di ossa scolpite. Questo studio amplia la comprensione delle pratiche mediche e delle conoscenze delle piante tossiche nell’Impero Romano, aprendo una finestra su aspetti poco conosciuti della storia e delle abitudini di quel periodo.

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