Solo il 5% degli italiani è felice a lavoro: lo studio

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Solo il 5% degli italiani è felice a lavoro: lo studio

| 07/08/2024
Fonte: Pexels

Il 95% dei lavoratori è insoddisfatto: la ricerca della School of management

  • L’Osservatorio Hr Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano ha condotto uno studio sulle condizioni dei lavoratori del nostro Paese
  • I risultati della ricerca sono sconfortanti
  • Solo il 5% degli intervistati si è dichiarato soddisfatto della propria attività occupazionale
  • Lo studio ha messo in luce numerosi altri fenomeni
  • Tra questi, l’aumento di chi rifiuta proposte di lavoro in fase di selezione e coloro che decidono di rassegnare le proprie dimissioni

 

Siete felici del vostro lavoro? Se avete risposto in maniera affermativa, sappiate che rientrate in una percentuale a dir poco irrisoria. Secondo uno studio della School of management del Politecnico di Milano, infatti, il 95% degli italiani è insoddisfatto della propria occupazione. I motivi alla base del malcontento sono numerosi. Stando ai dati, nella maggior parte dei casi sarebbe colpa del fenomeno noto come work life balance, che indica la quantità di tempo dedicata al lavoro e alla vita privata.

Sono numerosi, infatti, i lavoratori che trascorrono la maggior parte delle proprie giornate dedicandosi alle mansioni professionali. Inoltre, c’è chi continua a lavorare anche nei momenti in cui potrebbe godersi il proprio tempo libero. Lo studio, poi, ha messo in luce altri interessanti aspetti che riguardano le condizioni dei lavoratori nel nostro Paese. Di recente, a lasciare il lavoro è stato il 42% degli italiani, esasperato dall’assenza di benessere fisico e mentale, oltre che dall’impossibilità di fare carriera e dalla precarietà.

Dai boomer alla Gen Z: come è cambiata la concezione del lavoro

Senza contare, poi, che è in aumento la percentuale di persone che rifiuta proposte di lavoro in fase di selezione: si tratta del 54%. Per non parlare di coloro che, poco dopo essere stati assunti, decidono di rassegnare le dimissioni, che ammontano al 17%.

Insomma, secondo gli autori dello studio non c’è dubbio: i lavoratori hanno iniziato a mettere in discussione la retorica del sacrificio e dell’abnegazione. A farlo, sono stati soprattutto i più giovavani. Il professor Mariano Corso, a questo riguardo, ha commentato: “Sicuramente la Generazione Z appare come quella più inquieta, capace di rassegnare le dimissioni anche in fase di inserimento e sempre alla ricerca di qualcosa di meglio che consenta di avere dal lavoro maggiore soddisfazione, senza però sacrificare gli spazi privati.

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Se per un giovane boomer, una volta iniziato un determinato percorso di carriera il lavoro diventava una priorità assoluta, per la GenZ non è così, tant’è che i più giovani hanno un’opinione negativa di chi oggi sacrifica tutto per il lavoro”.

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