Nel mese di ottobre del 1582 dieci giorni sparirono dal calendario e dal 4 ottobre si passò direttamente al 15. Non si trattò di un buco spazio-temporale o di qualche fenomeno paranormale, ma semplicemente di un riordino amministrativo per sistemare un calcolo errato nel calendario giuliano allora in vigore.
Nel 46 a.C. Giulio Cesare pose fine al calendario lunare e istituì il calendario giuliano che stabiliva la durata dell’anno in 365,25 giorni. Conteneva mesi di 30 e 31 giorni, tranne febbraio che ne aveva 28 o 29 negli anni bisestili. Ma nella misurazione dell’anno da parte degli astronomi mancavano 11 minuti e 14 secondi. Un margine di errore che all’epoca non aveva importanza, ma che nei secoli, accumulandosi, cominciò a farsi sentire. Ogni cento anni si accumulava quasi un giorno e nel XVI si arrivò ad uno sfasamento di circa 10 giorni. L’errore fece slittare la Pasqua, la cui celebrazione era fissata alla domenica successiva alla prima luna piena di primavera. Lo sfasamento del calendario giuliano, nonostante fosse noto dal IV secolo, cominciò ad essere considerato un problema da risolvere.
Il papa Gregorio XIII decise di creare una “Commissione del calendario” con esperti che avrebbero dovuto apporre le correzioni in base alle conoscenze astronomiche dell’epoca. Come soluzione si stabilì di abolire 10 giorni compresi tra il 4 e il 15 ottobre. Il nuovo calendario fu approvato nel settembre del 1580 ma entrò in vigore nell’ottobre del 1582, con il nome di calendario gregoriano. Con la bolla papale “Inter gravissimas” promulgata dal papa nel febbraio 1582 si annunciava il cambio di calendario. La riforma non fu particolarmente apprezzata e fu adottata inizialmente solo in Italia, Spagna e Portogallo.
Fu necessario rivedere e rimandare di dieci giorni tutte le date di processi, pagamenti, impegni amministrativi, creando notevole confusione. Si verificarono ad esempio episodi rimasti nella storia: Santa Teresa d’Avila, morta il 5 ottobre, sulla carta fu sepolta dopo dieci giorni, quando invece il funerale si svolse il giorno dopo. Anche la morte di Cervantes e Shakespeare nel 1616, avvenne nello stesso giorno sulla carta ma in un periodo diverso nella realtà. La morte di Cervantes fu certificata il 23 aprile con il calendario gregoriano in vigore in Spagna, mentre Shakespeare morì il 23 aprile del calendario giuliano, ancora in uso in Inghilterra, e che corrispondeva al 3 maggio di quello gregoriano. Quindi lo scrittore inglese morì dieci giorni dopo.
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I paesi che non avevano adottato il calendario gregoriano dovevano specificare nei documenti a quale calendario facessero riferimento le date, per non generare fraintendimenti. I protestanti resistettero inizialmente al nuovo calendario “papista” e vi si uniformarono solo in epoche successive: gli stati luterani e calvinisti nel 1700, quelli anglicani nel 1752, quelli ortodossi ancora più tardi. Le chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme continuano ancora oggi a seguire il calendario giuliano: da ciò nasce la differenza di 13 giorni tra le festività religiose ortodosse e quelle cristiane. Per quanto riguarda i paesi non cristiani, in Giappone fu adottato nel 1873, in Egitto nel 1875, in Cina nel 1912, in Russia nel 1918, in Turchia nel 1924.
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